Ma tu vide ’o Padreterno che ci fa passare per la testa: quando non esisteva ancora la sedia, la gente dove sedeva? Qualcuno potrebbe dire “ma non avete di meglio cui pensare?”. Ce l’abbiamo sì ma, se avrete la pazienza di arrivare fino alla fine del “Fattariello”, ne comprenderete il perché. Dunque le prime antenate della sedia sono state ritrovate presso una tomba della Valle dei Re in Egitto, ovviamente realizzate in ebano e avorio. Nell’antica Roma invece, c’era la “sella curulis” del titolo, cioè la sella curule; era un sedile pieghevole a forma di x, che rappresentava il potere giudiziario; praticamente era un privilegio riservato solo alle alte cariche pubbliche. Poi arriviamo alla sedia gestatoria, cioè il trono mobile su cui il Papa veniva portato a spalla. E arriviamo così alla prima “seduta” per comuni mortali; praticamente era un asse di legno poggiato su due piloni e finalmente nel rinascimento arriva la panca munita anche di spalliera… Hassa fa ’a Madonna! E così piano piano arriviamo alla Seggia, così come la conosciamo oggi. Ovviamente non è questo l’argomento che ci assilla ma… continuate a leggere. Dunque quali sono i problemi che affliggono l’umanità? Il cambiamento climatico con conseguente fino del mondo tra una cinquantina d’anni? Se si fa o meno la Tav? A chi spetta e a chi no il reddito di cittadinanza? La Brexit nel Regno Unito? Le catastrofi ambientali? La strage dei musulmani? Ma quando mai?! Queste sono quisquilie e pinzellacchere. Il problema vero che affligge almeno noi napoletani, è un problema serio e di una gravità inaudita: il colore dei sediolini dello stadio San Paolo! Saranno tutti azzurri? Alcuni saranno azzurri ed altri multicolori? Scusateci l’espressione: ma a nuje che ce ne fotte? Noi abbiamo i cosiddetti che ci ballano per la testa, ce mettimme a penzà ’o colore dei sediolini? Ma siate seri addetti ai lavori; invece ’e sta col culo sulla vostra “sella curulis”, alzatevi, girate un po’ per Napoli e rendetevi conto di quali e quanti sono i veri problemi della nostra città. Nun facimme ridere a gente. A questo ci pensiamo noi che lo facciamo di mestiere. Alla prossima.