La legge che ha introdotto il reato di omicidio stradale prevede la reclusione da 2 a 7 anni nei confronti di chi causa la morte di una persona violando le norme del codice della strada. Ciò significa che, come ha chiarito una circolare del ministero dell’Interno, recante istruzioni operative in materia, il responsabile di tale reato può essere chiunque violi “le norme che disciplinano la circolazione stradale, che sono costituite da quella del codice della strada e delle relative disposizioni complementari. In altri termini, tale “reato ricorre in tutti i casi di omicidio che si sono consumati sulle strade, anche se il responsabile non è un conducente di veicolo”. Infatti, prosegue ancora la circolare ministeriale “le norme del Codice della Strada disciplinano anche comportamenti posti a tutela della sicurezza stradale relativi alla manutenzione e costruzione delle strade e dei veicoli”. Tale interpretazione è stata oggetto di un ricorso straordinario dell’Anas al Capo dello Stato avverso la circolare in questione relativamente alla parte in cui si precisa appunto che il responsabile del reato di omicidio stradale potrebbe essere chiunque violi le norme che disciplinano la circolazione stradale. Secondo l’Anas, l’articolo 589 bis del Codice Penale introdotto dalle legge che ha istituito il reato di omicidio stradale (L. 41/2016) “dovrebbe applicarsi, invece, esclusivamente ai conducenti degli autoveicoli e non anche a coloro che, magari addetti alla sicurezza e alla manutenzione della strada, hanno violato le norme del codice della strada”. La circolare, in pratica, “realizzerebbe un pregiudizio diretto, grave e sostanziale della posizione della ricorrente, nella sua qualità di ente gestore della rete stradale di interesse nazionale non a pedaggio”. E quindi, prosegue l’Anas, la circolare ministeriale “non avendo carattere meramente interpretativo della legge 23/03/16 n. 41, ma immediatamente lesivo sarebbe immediatamente impugnabile, a tutela del bene della vita rappresentato dalla salvaguardia dei propri dipendenti e segnatamente del personale deputato allo svolgimento dell’attività di gestione e manutenzione della rete”. Inoltre, a giudizio dell’Anas la circolare precluderebbe “l’interesse pubblico ad una corretta interpretazione ed applicazione delle norme del codice penale”. Sul caso si è espresso il Consiglio di Stato che ha ritenuto inammissibile il ricorso partendo dalla considerazione che “la circolare impugnata contiene l’interpretazione di una norma di legge la cui applicazione non è rimessa all’autorità che ha emanato la circolare, bensì all’autorità giudiziaria penale, cui spetterà il compito di chiarire se il legislatore al primo comma dell’articolo 589 bis del codice penale ha inteso costruire la fattispecie come ipotesi di reato comune (come emerge chiaramente dall’uso del “chiunque”) contrapponendola a quella prevista dal secondo comma come fattispecie di reato proprio incentrata sul conducente dell’autoveicolo”. Inoltre, secondo il parere del Consiglio di Stato “la circolare ministeriale, interpretativa di una disposizione di legge, è, in linea di principio, un atto interno finalizzato ad indirizzare uniformemente l'azione degli organi amministrativi, privo di effetti esterni, cosicché, non essendo considerabile quale atto presupposto del provvedimento applicativo ritenuto lesivo, non sussiste l'onere della sua impugnazione”. Non essendoci, quindi, atti applicativi obbligatori per i suoi destinatari, “la circolare non vincola il giudice penale” e può essere “disapplicata dal giudice amministrativo se ne ricorrono i presupposti”. Alla luce di tali considerazioni, il Consiglio di Stato ha dichiarato il ricorso inammissibile per inesistenza di carattere immediatamente lesivo per gli interessi dell’ente ricorrente. La legge che ha introdotto il reato di omicidio stradale punisce in linea generale “chiunque cagioni per colpa la morte di una persona con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale”, prevedendo, altresì, una serie di circostanze aggravanti (stato di ebbrezza alcolica, alterazione psico-fisica conseguente ad assunzione di sostanze stupefacenti, eccesso di velocità, circolazione contromano, mancato rispetto del semaforo rosso, inversione di marcia e sorpasso azzardato) esplicitamente riferite ai conducenti dei veicoli a motore, con innalzamento della pena sino ad un massimo di 18 anni di reclusione.