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Baby-gang e Rione-Stato tra impunità e legalità

Opinionista: 

C’è una questione minorile di cui la società deve prendere assoluta consapevolezza. Le baby-gang che al Borgo Sant'Antonio aggrediscono la Polizia è un fatto di una gravità inaudita e inaccettabile. Di fronte a queste scene i cittadini restano allibiti: i tutori dell'ordine, nella fattispecie la Polizia, che arretrano contro un manipolo di minorenni è un preoccupante segnale di impotenza e di resa. È l'espressione di una tacita accettazione della prevalenza, in certi quartieri, di un altro tipo di legge che, purtroppo, non è quella sancita dalla nostra Costituzione. Una sorta di Rione-Stato dove vige solo la regola del più forte e che non ammette ingerenze esterne. Ad aggravare la situazione, poi, è la frequenza degli episodi di violenza e teppismo con protagonisti minori che se ne infischiano dell'autorità costituita, poiché il loro obiettivo è di far breccia presso un'altra autorità ritenuta più importante, ovvero la criminalità organizzata. Rafforzati in ciò dalla presunzione di poter agire in una sorta di impunità, consapevoli che nei confronti dei minori c'è più tolleranza, più flessibilità. In ogni caso, la galera non li spaventa, anzi è un'esperienza che inorgoglisce, fa curriculum e li accredita ulteriormente negli ambienti malavitosi. Oggi, insomma, sono proprio le baby-gang a fare più paura perché agiscono senza scrupoli e con spiccata spavalderia, frutto, forse, anche dell'incoscienza, tipica dell'età, circa gli effetti delle loro condotte. Si tratta di un fenomeno tutt'altro che isolato, anzi. Sono, infatti, i minori ad essere i principali artefici delle "stese", sono loro a provocare tafferugli e a creare panico tra i passanti, e sempre a loro sono riconducibili la maggioranza degli atti vandalici contro i trasporti, le opere pubbliche e le numerose rapine che si contano sul territorio, facilitati, peraltro, dalla disarmante facilità con cui riescono a procurarsi armi. Si sentono intoccabili: "Tanto che ci possono fare?" è il mantra che si ripetono ossessivamente per darsi coraggio e insistere nella loro opera delinquenziale. E così finiscono pure per fare proseliti, con incredibili ritorni d'immagine, persino tra i ragazzi cosiddetti "per bene". La trasgressione, la sfida alle norme è divenuto, infatti, il gioco che più appassiona i minori: guidano motorini senza patente o assicurazione, acquistano e consumano alcolici in barba ai divieti, spesso eludono l'obbligo scolastico o, tutt'al più, vanno a scuola per destabilizzare e creare confusione.   La situazione è grave e richiede, prima di tutto, una ferma risposta delle istituzioni, perché questi soggetti più la fanno franca e più continuano a delinquere. Non scarichiamo sempre e solo sui cittadini la responsabilità di mobilitarsi e denunciare. E' lo Stato, con i suoi apparati, che per primo deve dare l'esempio con risposte forti e rassicuranti, perseguendo e punendo chi compie illeciti. Poi si può discutere di prevenzione e su come sottrarre i ragazzi dalle false illusioni della criminalità, restituendo loro speranza e dignità, innanzitutto, attraverso le varie agenzie educative - in primis la famiglia e la scuola - per finire con la possibilità di un lavoro onesto. In primo luogo, però, bisogna affermare il principio di legalità, di cui i controlli e l'applicazione delle pene costituiscono un fondamento imprescindibile.