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Campania all’ultimo posto nell’ordinamento scolastico

Opinionista: 

Gentile Direttore, ho letto martedì sul Suo giornale un interessante articolo, in cui si riportano i dati di un report realizzato da Area Studi Legacoop e Ipsos, a proposito della condizione in generale delle nostre scuole di ogni ordine e grado. Quasi superfluo constatare che in Campania siamo all’ultimo posto, tranne che nelle Università, e, forse, nella scuola dell’infanzia: le due estremità, dunque, del ciclo scolastico completo percorso dagli studenti. Le motivazioni di tale impietosa classifica sono da ricercare in fattori atavici, ma, sorprendentemente, anche più recenti. Si va, infatti, dall’edilizia scolastica fatiscente, dai laboratori poco attrezzati, dalla difficoltà di muoversi per carenza di mezzi pubblici, agli stessi programmi scolastici, ritenuti obsoleti e troppo teorici. Sorpresa, poi, come dicevo: tra le carenze viene indicata anche la scarsa preparazione del corpo docente. Parlo sempre delle carenze delle nostre scuole, ovviamente, perché pare che al sempre decantato e osannato Nord questi problemi non esistano, o, seppur esistenti, lo sono in minima parte. Passi pure per l’edilizia scolastica scadente al Sud; passi pure il trasporto scadente; ma, per due fattori indicati dal report non sono d’accordo. Il primo, quello riguardante i programmi scolastici ritenuti ormai sorpassati; mi sa tanto che ci si riferisca come da tempo sta avvenendo, agli studi classici, individuando nelle famigerate “lingue morte”, come il latino e il greco, un surplus inutile di insegnamento e difficile apprendimento. Altro che morte. Queste lingue, proprio per la loro complessità, impegnano la mente del giovane a ragionare e trovare una soluzione non soltanto ricorrendo a formule matematiche o mnemoniche, ma a deduzioni derivanti da un processo mentale riflessivo e compiuto. Mi sento tanto a disagio in una società, come la nostra italiana, quando si trova sempre l’“eroe” progressista che presenta una sua proposta di abolire il latino e il greco anche negli istituti classici. Il ragazzo, d’accordo anche con la famiglia il più delle volte, si iscrive al liceo classico perché ha già un orientamento e sa le difficoltà che affronterà. Se, invece, ritiene che oggi le materie più appetibili dal punto di vista anche occupazionale, siamo quelle scientifiche o professionali, o linguistiche, ben venga questa scelta. Ma non buttiamo al vento millenni di storia, di civiltà, di conoscenze, frutto del sapere evolutivo del tempo, ed anche degli studi classici in armonia purecon quelli scientifici. Recentemente, al Parlamento europeo c’è stato un tentativo di approvare una legge che abolisse il latino e il greco: si penserà che l’Italia e la Grecia si siano opposti. No. È stata la Francia! E cosi si scopre che in Francia, appunto, il latino si studia nelle scuole secondarie; in Germania lo si studia al Ginnasio e molte Università ne richiedono una certificazione tra i requisiti di accesso. In Belgio in molte scuole superiori è affiancata al greco per i primi tre anni. In molte altre Nazioni Europee, come Austria, Bulgaria, Croazia, Danimarca, Islanda, Macedonia del Nord, Portogallo, Romania, Serbia, Slovenia, il latino si studia nei corsi ginnasiali. In Gran Bretagna, poi, dal settembre 2022 il latino è entrato in quaranta importanti Istituti, per i ragazzi dagli 11 ai 16 anni, con un investimento di 4 milioni di sterline. E vengo al secondo punto di mia critica al risultato del report di Area Studi Legacoop e Ipsos. Se gli intervistati ritengono che uno dei motivi di una scuola più “scarsa“ al Sud sia anche quello di insegnanti poco preparati, allora mi si deve spiegare come mai al Nord la maggioranza degli insegnanti provenga dal Sud, perché da noi c’è ancora la mitizzazione del “posto pubblico”, mentre al Nord c’è molta più offerta del “posto privato”. Il paradosso, poi, è che gli insegnanti “più bravi” che vincono il concorso, sono assegnati ai pochi posti disponibili delle Scuole del Sud, mentre sono destinati al Nord in genere quelli che non hanno in graduatoria un punteggio da “prima fila”, e solo quando hanno raggiunto un punteggio di maggiore peso, tornano al loro Sud, che, malgrado il “benessere” del Nord, è sempre in odore di nostalgia. Mi si dica, allora, se, una volta al Sud, sia i primi in graduatoria, sia quelli/e che hanno maturato punteggio al Nord, una volta tornati nel Meridione, diventano improvvisamente… “inadeguati/e”. Tutte le ricerche che si basano su sondaggi, a cominciare da quelli politici, mi hanno sempre fatto “arricciare” il naso. Non perché i sondaggi siano falsi. Bisognerebbe, però, mettere il cittadino, che legge i resoconti delle ricerche di opinione, di leggere non solo la risposta finale, ma anche la domanda iniziale posta, e il modo o argomentazione presentati.