Accessibilità:
-A A +A
Print Friendly, PDF & Email

Ci vorrebbe un Mastriani per raccontare Napoli oggi

Opinionista: 

Ma come, per rimettere in piedi una città che non riesce a imboccare la giusta via dello sviluppo e per uscire da un tunnel che si allunga sempre più, non servono un manager oppure un imprenditore coraggioso o un amministratore illuminato? Possibile che si debba ricorrere a uno scrittore che è vissuto in pieno Ottocento e che non ha mai avuto dirette responsabilità dirigenziali e non ha mai mostrato di avere doti di sagace gestore di cose pubbliche? Domande e stupori legittimi, ma fino a un certo punto: quello in cui si deve prendere atto che, per “aggiustare” un po’ il destino di un grande organismo sociale, occorre chi di esso ha saputo interpretare - da disincantato ma non neutrale testimone - bisogni e aspirazioni diventando, nei confronti dei poteri costituiti (Regno borbonico e Stato unitario) una voce critica mai zittitasi. Esistenza non facile, quella di Francesco Mastriani, perché piena di tribolazioni, ma animo indomito tutte le volte che serviva mettere in luce, quanto a classe dirigente, ”vizi privati e pubbliche virtù”. Il “vizio maggiore”, colpa gravissima, aver fatto vivere in condizioni di profondo degrado intere fasce popolari - dalla Sanità ai Quartieri spagnoli - dove alla vita mancava proprio il valore principale: la vita stessa.

***

Poligrafo e poliedrico. Le qualità umane, letterarie e culturali di Mastriani, di cui è ricorso il bicentenario della nascita (23 novembre 1819) sono state oggetto di un’intera giornata di riflessioni nella sala “Rari” della Biblioteca nazionale: grande l’attenzione dei partecipanti (studiosi e ricercatori, studenti di ogni ordine e grado, docenti di varie facoltà universitarie), addentrate riflessioni su un autore che ha frequentato tutti i generi narrativi producendo una quantità quasi “sterminata” di libri: novecento tra romanzi e novelle, commedie e tragedie, saggi di varia intonazione. Uno scrittore per il quale Benedetto Croce si rammaricava che fosse letto molto negli strati popolari e poco, o niente, negli ambienti intellettuali. Una circostanza che non ha impedito, alla “voce del popolo”, di acquisire autorevolezza e arrivare fino a noi come testimone prezioso di un tempo storico e di una particolare sensibilità culturale e sociale.

***

Riconoscimenti che contano. Frequentando con uno stile diretto, colloquiale e di forte presa, tutti i generi letterari (realismo e verismo, naturalismo e romanticismo della seconda fase), l’autore della imponente trilogia “socialista” (I Vermi, Le Ombre, I Misteri di Napoli), è stato laboratorio e punto di riferimento di Matilde Serao (certamente per il suo “Ventre di Napoli”) che lo definì “martire della penna”, uno dei più forti ed efficaci romanzieri “con una così fervida potenza creativa dai rari riscontri”. Lo stesso Salvatore Di Giacomo non potè, con la sua “Assunta Spina”, non guardare a lui che aveva affrontato con largo anticipo la dimensione del femminismo tragico con “la Medea di Porta Medina”. Non ultimo Domenico Rea che definisce Mastriani “uno scrittore che cammina” in continua navigazione “dentro l’oceano di curve urbane e sociali che la città sa offrire a chi abbia forza, cocciutaggine ed onestà per raccontarle”. Da lui una “indicazione precisa, una topografia politica e morale autentica della vecchia Napoli”.

***

Sguardo impietoso. Indignato, quando definisce “drammatica sventura è il nascere a Napoli” (non può nemmeno votare perché non ha il censo necessario), ma non arrendevole nemmeno se le case editrici sono condizionate e colluse con chi governa. Uno strumento di cui può avvelarsi è il giornale “Roma” con un largo seguito di lettori (lui muore nel 1891 e Il Mattino della coppia Scarfoglio-Serao nasce nel 1892). La testata, che ha come sottotitolo “O Roma o Morte”, è animata da fervore patriottico e unitario. Mastriani accentua qui (specie la domenica) la sua produzione letteraria. Attraverso i feuilleton scrive a puntate romanzi d’appendice che diventano “giornalismo di denuncia”. La sua prolificità nasce certo dal bisogno familiare (un notevole carico di figli), ma il “Roma” gli garantisce autonomia e spazio per cui accresce il suo prestigio negli ambienti culturali fuori Napoli. Fra gli “appendicisti” del tempo è uno dei più seguiti. Volta per volta le sue pubblicazioni periodiche diventano libri e così il suo pensiero assume maggiore completezza, identità e fisionomia. Nei decenni successivi la sua popolarità ha andamenti carsici, ma la sua stima non manca di continuità.

***

Battaglie di ieri e di oggi. I tempi di Mastriani non erano favorevoli alla cultura (studiosi paragonati alle meretrici). Non abbiamo avuto noi qualche decennio fa, un ministro secondo il quale con la cultura non si mangia? Problema legalità. Scriveva Mastriani: “Arrestiamo i ladruncoli di fazzoletti e lasciamo andare ai seggi governativi e agli uffici pubblici quelli che rubano milioni”. La Corte dei Conti non dice ora che, per ruberie, alle casse dello Stato mancano ogni anno più di 60 miliardi? Mastriani e la malavita organizzata: ”Ci nausea la vista perpetua di eleganti camorristi accolti e festeggiati nelle case patrizie e sfacciatamente sfolgoranti di un lusso la cui origine dovrebbe far arrossire il Codice penale”. La mala di allora, oggi è un “altro stato” tanto ha radici profonde e concorrenziali.

***

Niente di nuovo sotto il sole. Sì, si potrebbe concludere così. Ma allora Francesco Mastriani c’era.