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Conte ha scoperto che c’è il voto clientelare in Puglia

Opinionista: 

Sta facendo gran rumore la condotta politica tenuta da Giuseppe Conte dopo i fatti di Bari. I fatti son quel che sono: la caduta d’un forse sopravalutato signore locale, Michele Emiliano, giunto alla politica, come tutti sanno, dalla via giudiziaria: anche lui come altri proveniente dalla Direzione Distrettuale Antimafia (pugliese), fucina d’infinite informazioni che, a quel che pare, costituiscono da tempo un ottimo surrogato, in ambiente di sinistra, di quella che un tempo fu la loro reputata scuola di partito, le Frattocchie. Noto soprattutto per essere un’ottima forchetta, l’Emiliano s’è caratterizzato per un alquanto esagerata considerazione di sé stesso. Ne ha dato prova con l’eccellente discorso tenuto in occasione del sostegno che aveva inteso offrire alla sua locale creatura – il De Caro sindaco di Bari – di recente attinta da un’ispezione del Ministero dell’Interno per sospette infiltrazioni mafiose: ebbe l’Emiliano a dire che lui, Antonio De Caro quando era ancora un imberbe assessore della sua Giunta comunale, l’aveva ‘affidato’ – esattamente questo il termine usato – alla sorella d’un noto ras della locale delinquenza organizzata, anzi al più importate. Termine alquanto eloquente – giacché voce dal sen sfuggita – del modo in cui l’Emiliano, già sostituto Procuratore della Dda – intende l’esercizio della pubblica funzione: che del resto, in epoca feudale, sulla fides appunto contava, sul patto tra potenti che s’impegnavano a sostenersi vicendevolmente con la forza delle armi. Non male. Ma torniamo al rumore intorno al Conte. Costui ha chiaramente colto la palla al balzo. Ertosi a tutore della morale pubblica, sta giorno dopo giorno inchiodando il Pd – l’Emiliano ne è esponente autorevole – alle sue responsabilità. Ha scoperto, il Conte, che esiste il voto clientelare; che in Puglia, come per vero un po’ in tutta Italia, a quel che s’apprende un giorno sì e l’altro pure, i voti si scambiano in luogo di favori e cortesie varie. Che, insomma, non siam soliti votare per dividerci tra un Cavour ed un Rattazzi (per vero neanche costoro erano santi, né santi si può essere in politica, forse solo in Paradiso), ma una bella fetta d’elettorato s’intende poco di liberalismo, autocrazie o di centrodestra e centrosinistra, di progressisti e conservatori; come opino s’intenda poco di maggioranze Ursula o della Casa dei Popolari (Sturzo perdonando). La gran parte degli elettori – questa è la democrazia – vota in ragione di cose assai concrete ed è giusto sia così: che possono essere un marciapiedi realizzato dinanzi alla loro abitazione o una statua di Madonnina proteggitrice dei mortali ricollocata nell’alloggiamento dal quale precipitò salvandosi miracolosamente. Poi guarda un po’ esistono le mafie, le sacre corone unite, le ndranghete e giù di lì. Le quali hanno spirazioni più esigenti, che vanno certamente contrastate. Ma con le quali è assolutamente inevitabile venire ad un qualche patto, se si sono così tanto allargate, da essere giunte ad occupare niente meno che il sistema bancario, non italiano, bensì secondo molte testimonianze teutonico. È pur ovvio che le istituzioni siano lì a contrastarle e che non debbano favorirle: ma è altrettanto ovvio che nemmeno possano evitare d’incrociarle e talora di conversarvi e talora ancora di mediare: sì, mediare, dato che lo Stato non è l’Ercole Farnese capace delle sette fatiche, bensì un’assai traballante e sobbalzante organizzazione che non può sempre prevalere, un’accolta d’uomini della più varia natura, spessoinsoddisfatta dei trattamenti retributivi ricevuti, scarsamente da noi adusata ai valori della dimensione pubblica, e quasi mai disposta a rimetterci le penne per perseguire alti ideali mentre intorno a sé vede praticati opportunismi d’ogni sorta da parte di quasi chiunque possa praticarli. Solo che il Conte – che nella Giunta dell’Emiliano era attraverso il suo Movimento componente si suppone non sopita – s’è destato dall’incantamento ed ha scoperto – lui, di Volturata Appula – che in Puglia c’è il voto di scambio: pratica, che guarda un po’ va dalle Alpi alle Piramidi e dal Mazzanarre al Reno. Ma lui se n’è accorto oggidì, e grazie alle cure della Procura barese, dalla quale – ironia della sorte – proviene l’Emiliano, quello stesso che ‘affidò’ il De Caro alle cure d’un’amorevole famiglia della Bari vecchia. E dunque, tra il costernato e lo sdegnato, il professor Conte – accademico dal libero pensiero – ha deciso di ritirare la sua delegazione dal governo regionale. Se si vuole avere un esempio di populismo messo in pratica, bene il Conte ne è attore da Accademia. Da Accademia perché – differentemente da quanto ritiene il Presidente della Repubblica, che la considera luogo di libertà di pensiero – nell’Accademia, come insegnava Benedetto Croce, si replicano per lo più modelli usurati, non disdegnando ripetutamente il plagio. Salve eccellenti eccezioni – che grazie a dio non mancano – colà da noi poco s’innova. Orbene, il Conte, del populismo è stereotipo interprete. Nulla lo fermerebbe – patti sottoscritti, rapporti umani, coerenza di condotta, moralità – dal cogliere anche le più miserevolisituazioni, quelle nelle quali l’amico è in difficoltà, ad esempio, per saltare sul carro della condotta supposta più compiacente al gusto del momento. Purché raggiunga lo scopo d’un consenso facile e patologicamente creato, egli è pronto a tutto. Andrebbe, una simile entità politica, trattata per quel che è, perché capace di distruggere le condizioni per un sano confronto. Ma i tempi, il Paese, le istituzioni e la classe politica son quel che sono, sicché accadrà tutto quanto potrà, senza guida e freno, razionalità men che mai.