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Conte inquisitore in un vicolo cieco

Opinionista: 

“Un bravo contadino durante la stagione invernale, avendo trovato una serpe tutta intirizzita dal freddo, ne ebbe compassione, la prese e se la mise in petto, sotto la camicia, per riscaldarla delicatamente e così farle riprendere vita. Quella infatti si riscaldò e riprese tutte le sue facoltà. Volendo essere riconoscente al suo benefattore pensò di baciarlo. Ma ahimè! il suo bacio di riconoscenza - che non poteva e non sapeva fare - fu un morso velenoso e mortale per il contadino. Il quale disse: "Ho quello che mi merito, poiché ho avuto compassione di quella malvagia". In effetti non era stato prudente: il suo amore per lei avrebbe dovuto conoscere e tener conto di cosa la serpe, pur con tutte le sue buone intenzioni, è capace di fare! Potrà apparire inusuale, aprire un articolo, mettendo come distico una favola di Esopo, ma stavolta è oltremodo necessario farlo, per meglio spiegare un intreccio di slealtà, spregiudicatezza e di ingratitudine, emerso e destinato a durare nella bufera giudiziaria sul Pd di Bari. Ovviamente per il voltafaccia repentino dell’alleato pentastellato Conte, che, invece di riflettere su quanto accaduto, incurante di un lavoro comune, fatto in questi mesi e rivolto spesso a mostrare una crescente sintonia in pubblico - sulle piazze di Landini, con baci , abbracci alla leader della sinistra Schlein - finalizzata a una seria intesa elettorale, appena si è presentata l’occasione, è passato subito all’incasso, enfatizzando, da forcaiolo, lo strappo dal Pd, trattato in questa circostanza da “incallito peccatore”. Si è parlato, si parla tanto di Conte, ma non si è detto però ciò che va detto a chiare lettere a: un gesto del genere si sarebbe potuto capire, se, al posto suo, vi fosse stato un grillino della prima ora, dei “vaffa” corali e singoli. Conte non si è reso ancora conto, che oggi lui è la “parodia del grillismo”, di cui ha snaturato la originaria identità e inutilmente vuol fare intendere di recuperare ogni qualvolta gli torna utile, facendo la faccia feroce. Alla distanza, certe posizioni strumentali, si rivelano poi per quelle che sono: “furbate”, non altro. Il suo percorso politico da Carneade a premier se fino a qualche settimana fa era un mistero, ora non lo è più. A cominciare a farvi luce con dettagli molto interessanti è la persona più insospettabile del Creato, Carlo Cottarelli, uno dei supertecnici più apprezzati e seri a livello internazionale. Che, nel suo recente libro dal titolo: “Dentro il palazzo” ne parla diffusamente, per una personale esperienza, di cui sintetizziamo il significativo racconto. I Cinquestelle, favoriti dai sondaggi, nelle elezjoni del marzo 2018 volevano presentare agli elettori un governo già bell’e pronto. Un giorno Cottarelli riceve una telefonata di un signore, che non conosce(cioè Conte), che lo invita al Caffè Greco a Roma per parlargli. Dice che porta un messaggio di Di Maio, ma “sembra che non arrivasse mai al punto”. Di questo avvocato non solo non ricorda nulla di quello che gli disse e non fu nemmeno particolarmente colpito se non per la “sua prolissità”. Alla fine gli offrì di fare il ministro dell’Economia, ma Cottarelli rifiutò perché non condivideva la politica di bilancio. Nel leggere queste cose così veritiere: il cambiamento è un gigantesco abbaglio .Coloro i quali avevano chiesto al popolo di votarli perché avrebbero cancellato da subito le logore liturgie della prima Repubblica, operando alla luce del sole, in realtà facevano di peggio, già molto prima di conquistare il potere. Con un premier in pectore Conte, “espressione”dell’antipolitica, che, alla guida effettiva di un governo farsa tra opposti populismi M5S e Lega,mostrerà il peggio della vecchia politica, per poi succedere a se stesso con un esecutivo del cosiddetto ribaltone tra M5S e Pd, sulla cui demonizzazione i penta stellati avevamo costruito le loro fortune e poi trovarseli addirittura alleati. Il Pd, invece, di dire a Conte che, con i suoi voltafaccia, fa il gioco delle destre, gli ricordi che, grazie alla dabbenaggine di Zingaretti esiste ancora. Stavolta però è andato oltre. Ha voluto fare il Torquemada, l’inquisitore e non può più tornare indietro. È condannato a farlo dopo lo strappo di Bari.