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Da Barbieri a Barbieri: il modello Capodichino

Opinionista: 

Da Barbieri a Barbieri. Le circostanze della vita hanno voluto che colui che, in qualità di assessore al Bilancio del Comune di Napoli, fu nel 1997 protagonista insieme al sindaco Bassolino della privatizzazione dell’aeroporto di Napoli, ne raccogliesse frutti a distanza di dodici anni. Oggi Roberto Barbieri, amministratore delegato di Gesac, può giustamente vantarsi dell’ennesimo exploit raggiunto dallo scalo: dieci milioni di passeggeri in un anno. E non è finita qui. Con la fusione dei due aeroporti, la Gesac ha posto le premesse per un forte potenziamento dell’aeroporto di Pontecagnano. Essendo Capodichino vicino alla saturazione, degli ulteriori 6 milioni di visitatori attesi di qui al prossimo decennio dovrebbe beneficiare soprattutto la struttura salernitana. I meriti, ed è lui per primo a riconoscerlo, non sono solo di Barbieri. Basti pensare alle performance fatte registrare dal suo predecessore Brunini, ora alla guida della Sea milanese. Ma all’attuale Ad va riconosciuto di aver saputo fare un passo indietro, in un Paese e in un territorio in cui l’avidità di potere prevarica su tutto e su tutti, a cominciare dagli interessi delle popolazioni amministrate. È proprio la privatizzazione, infatti, ad avere permesso il salto di qualità dello scalo. Ed è normale che sia così. Il pubblico deve pianificare, gestire solo quello che è strettamente necessario. È la cultura d’impresa che consente di ottimizzare i processi, ampliare i servizi, diversificare i prodotti. Chi governa il territorio deve esercitare poteri di controllo per assicurare trasparenza di comportamenti ed efficacia delle prestazioni. Ma, dove è possibile, deve evitare di occuparsi di ciò che non gli compete, ingessando con procedure e tempi morti quello che, al contrario, deve essere messo in grado (è proprio il caso di dirlo!) di volare. Molto positiva è anche la sinergia Napoli-Salerno. Le tenzoni campanilistiche, oltre che essere ridicole, compromettono lo sviluppo economico delle aree che ne sono vittima. Non solo la Campania, ma l’intero Sud, deve imparare a ragionare in grande. Significa promuovere progetti come la Napoli-Bari ad alta capacità, che consentirà, un giorno speriamo non troppo lontano, di accelerare i traffici sulla dorsale tirreno-adriatica meridionale e collegarla in tempi più dignitosi al resto d’Italia e d’Europa. È ora che la classe dirigente meridionale inforchi le lenti “vista lunga”, per condividere politiche e obiettivi comuni, inquadrandole in un progetto Paese che finalmente valorizzi l’enorme risorsa rappresentata dal Mezzogiorno.