Accessibilità:
-A A +A
Print Friendly, PDF & Email

Dai movimenti di piazza un'inversione di tendenza

Opinionista: 

Giornali, televisioni, media di ogni tipo si stanno interrogando sui risultati del recente rapporto Censis, il Centro Studi Investimenti Sociali, che è un istituto di ricerca socio-economica fondato nel 1964 e che da oltre cinquant’anni interpreta i più significativi fenomeni socio-economici del Paese, grazie ad una raccolta di dati e a un sistema di rilevazione statistica basato su interviste a campione. Ciò che emerge è un vero e proprio termometro della società italiana misurato da diverse angolazioni e prospettive: sociali, economiche, politiche, psicologiche, esistenziali, con il rischio, non da pochi rilevato, di una mescolanza di dati scientifici e osservazioni estemporanee dettate da domande che investono più l’elemento impressionistico che la dimensione sociale. Il primo dato che colpisce è lo stato d’animo con cui gli italiani percepiscono il futuro: a fronte di un 17,2% che è incline al pessimismo e di un 13,8% che si attesta sull’ottimismo, la stragrande maggioranza, 69,9%, manifesta una profonda incertezza sul proprio futuro. In questa situazione, ciò che maggiormente preoccupa è la percentuale di italiani – 48% - favorevoli all’uomo forte al potere, all’uomo solo che non deve rendere conto al Parlamento e alle elezioni. Questo dato è confermato dal fastidio (siamo al 90%) che gli italiani mostrano verso il continuo susseguirsi di politici nelle trasmissioni televisive, il che si riflette sull’aumento di astensioni dal voto, giunto a un dato quasi permanente del 30%, con le punte massime (39%) raggiunte in Campania e in Sicilia. I numeri, dietro la loro apparente asetticità e neutralità, nascondono situazioni reali, come il fatto che la scarsa considerazione della democrazia e delle sue istituzioni viene espressa dal 67% degli operai, dal 62% dei meno scolarizzati e dal 56% di cittadini con redditi bassi. E qui interviene un insieme di fattori che messi insieme formano una pericolosa miscela esplosiva: da un lato la perdita sempre più evidente di presenza e incidenza del sindacato, incapace di misurarsi e riproporsi dinanzi alle profonde modificazioni della società e del lavoro che non ha più il motore della fabbrica a spingere per la soluzione di un conflitto sociale paradossalmente ancora più aspro e disarticolato; dall’altro la sempre più vistosa spaccatura tra Nord e Sud del paese che accentua le distanze in tutti i settori, dall’occupazione agli investimenti produttivi, dalla formazione scolastica alla ricerca, dalla sanità all’assistenza sociale che sono o dovrebbero essere i pilastri di un  welfare sempre più attaccato e ridimensionato. L’ultima e più dissennata riforma, avallata purtroppo anche da consistenti appoggi di ciò che resta di un partito che di sinistra non ha più nulla o quasi, è l’autonomia differenziata: una pietra tombale sul tessuto sociale, produttivo ed umano del Mezzogiorno. Emergono così dati preoccupanti sull’atteggiamento di milioni di italiani che spesso si trasforma in un crescendo di sfiducia nelle istituzioni parlamentari e in generale della politica, dominata da personaggi incolti e impreparati, capaci però di incrementare con la loro propaganda demagogica – contro i migranti, contro i politici più o meno corrotti, contro chi protesta nelle piazze per difendere la Costituzione e i suoi principi basilari di democrazia e partecipazione  - la paura per un futuro imprevedibile. Non sono un sociologo né un esperto di statistica, ma un semplice osservatore critico del mondo che ci circonda e tendo a ragionare affidandomi anche al senso comune che sta prima di ogni dato numerico. E ciò che vedo negli ultimi tempi è qualcosa che può contribuire a mitigare, se non a cancellare, la paura, il senso di impotenza, la percezione sbagliata di una deriva catastrofica nell’economia e nella società, il crescendo della sfiducia negli organi democratici che restano il pilastro della nostra Repubblica e della sua Costituzione. Basta andare al di là della propaganda e dell’insopportabile chiacchiericcio televisivo di personaggi politici più o meno analfabeti e individuare possibili tracce di risveglio – dall’ambientalismo alle lotte civili, dall’accoglienza e dalla solidarietà, dai movimenti spontanei che stanno riempiendo le piazze – che contribuiscano a invertire il processo e a incrementare la fiducia nella democrazia e nelle sue istituzioni.