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E allora consoliamoci col torrone dei morti

Opinionista: 

Sono riluttante a commentare il calcio. È una forma di rispetto verso opinionisti ritenuti esperti o che si considerano tali, ma a volte ricado in quella malattia nazionale da sindrome del direttore tecnico o del “so tutto io”. Il calcio, in fondo, nella struttura elicoidale che caratterizza la "gens" italica, ha un ruolo determinante nella sua sequenza molecolare, anzi, è l'unico collante identitario della nazionalità peninsulare, più del tricolore o dell'inno di Mameli. Ma è anche movente atavico per le nostre pulsioni animalesche, discriminatorie e fobiche, contrabbandate da goliardie e sfottò campanilistici. È uno sport "interpretato" non giocato, come invece dovrebbe essere. In un sistema elefantiaco d'investimenti, scommesse legali ed illegali, cifre iperboliche di miliardi e miliardi di dollari, dove si truccano perfino incontri giovanili e scommettono gli stessi calciatori, si può credere che il calcio vada avanti ancora per "amore del gioco"? Come pensare che si possa fermare questo "circo Barnum" nazionale in atto fra televisioni nazionali, locali e carta stampata? The show must go on! Mercoledi scorso, a Napoli, ne è andata in onda l'ennesima puntata, ma ciò che mi sorprende è stata - mi scuso per il senso cacofonico - la sorpresa e l'incredulità manifestata dalla maggior parte dei commentatori, la rabbia del popolo tifoso, come se fosse la prima volta. Per onestà e chiarezza, il Napoli, società e squadra meritano, almeno per il 60%, l'attuale posizione in classifica. È una società e squadra che sa farsi male da sola, che accusa le "cafonate" altrui, ma resta ancora "provinciale" nella gestione della sua medialità, nel perseguire rapporti di forza politici e relazionali sbagliati. In questo senso, l'arrivo di Ancelotti non ha ancora inciso nell'insieme, se consideriamo che la tenuta psicofisica della squadra e di alcuni suoi importanti elementi è da "promozione": come inquadrare altrimenti le "sbandate caratteriali" di Koulibay ed Insigne, il nervosismo affiorante di Callejon, le inconcepibili amnesie di gruppo nelle ripartenze di Juve e Cagliari, e l'idiota "fermo immagine" che i nostri hanno messo in scena, consentendo all'Atalanta di andarsi a prendere il pareggio? Nè è giusto dire, in antitesi, che Ferlaino sia stato l'unico grande presidente. Con tutto il rispetto, Ferlaino ha vinto grazie ad Allodi, Moggi, Iuliano e Maradona, tanto ingombrante come personaggio, che al momento opportuno fu "sacrificato", e lasciò poi la società in un mare di guai. Ma altre riflessioni vanno speculate. Il calcio non è finito e non finirà, si è solo adeguato, da camaleontico esempio della nostra società. Il popolo delle curve, degli spalti è un tragico e mirabile affresco della scadente realtà culturale e civica italiana, e negli stadi, vere arene gladiatorie, gli istinti del "pollice verso" raggiungono l'apice. Come in politica, si usa manovrare la piazza, blandirla e fregarla. Alle teste vuote e servili verso il potere fra gli scanni del parlamento, fanno il pari i vertici del calcio, il cui fiore all'occhiello sarebbe la classe arbitrale, dove la parola "classe" non è attributo d'equità ed eleganza, ma sinonimo di corporazione! Intanto i segni di questo tempo inadeguato, continuano a caratterizzare la settimana che si chiude. La Fiat "fagocita" la Peugeot: lo hanno ben capito in Francia, mentre in Italia Conte pietisce per la salvaguardia dei posti di lavoro, giusto per far vedere che conti qualcosa. In Senato, Liliana Segre, sopravvissuta allo sterminio, si prende schiaffi in faccia dalla Lega, con Fratelli d'Italia e FI, che si astengono collocandosi di fatto nel limbo degli inutili. Oltre un milione e mezzo di italiani, a maggioranza giovani, hanno lasciato l'ex belpaese, non solo in cerca di lavoro ma perchè non credono più in questa Patria, sempre più "matrigna fedifraga ed ingiusta", che non riconosce il diritto dei deboli e preferisce agire con la carità di Stato, piuttosto che creare lavoro. Napoli ed il Napoli vivranno sospesi questa giornata particolare fra l'Olimpico e Poggioreale, accendendo lumi per una votiva risurrezione. Si attendono buone notizie, si bestemmierà sul traffico e la Tangenziale, si abbandoneranno sogni d'estate e le salme dei nostri defunti, fra cumuli d'immondizia e degrado. Molti, come me, eviteranno la disillusione sportiva e affettiva, e attendendo questi fantasmi, si consoleranno con l'insostenibile leggerezza del torrone dei morti.