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Emigranti, dalla valigia di cartone al tablet

Opinionista: 

Non sono più i tempi di lacreme napulitane nè di "carne 'e maciello", ma se cambia la forma resta identica la sostanza, perché i numeri elaborati dall'Istat saranno anche freddi e senza poesia, però sono scienza esatta. E i numeri, le cifre, dicono che nell'ultimo ventennio dalla Campania, dal 1998 al 2018, sono emigrate oltre 463mila persone, e naturalmente sono quasi tutti giovani. Per dare un'idea suggestiva ma realistica è come se mezza Napoli si fosse svuotata negli ultimi venti anni, oppure se l'intera Irpinia avesse deciso di mettere il catenaccio alla casa e partire. Quasi mezzo milione di persone che si sono guardate intorno, hanno guardato in se stesse soprattutto, e hanno capito che l'unica possibilità di giocarsi il futuro con qualche carta a disposizione sarebbe stata quella di fare un check in all'aeroporto oppure prendere un treno. Per inseguire un sogno, quale che sia. Con modalità diverse da una volta: oggi l'emigrazione è 3.0. Con un trolley al posto della valigia di cartone, un tablet anziché una provvista di bottiglie di pomodori, un whatsapp per comunicare al posto della cartolina "Tanti saluti dal vostro aff.mo ...". E in particolare il dato avvilente per questo Mezzogiorno piegato e piagato dice che in venti anni 12 laureati su 100 sono andati via dal Sud. Verso il Nord, verso quell'Europa che è ancora tanto lontana dalle regioni del Meridione d'Italia. E si parte per capire cosa può succedere, come facevano i padri negli anni del boom economico di cui al Sud si sentivano soltanto i boati in lontananza e si favoleggiava di benessere, frigoriferi, auto a rate e addirittura bagno in casa. E poi da quel nord lontano gli emigranti tornavano, inizialmente, almeno una volta all'anno a Natale, oppure a Pasqua, o per le ferie estive o per il giorno dei morti. Poi progressivamente quei ritorni si diradavano: stiamo mettendo i soldi da parte, scrivevano con grafia tremante per l'emozione e per la terza elementare abbandonata per andare a zappare. Forse, scrivevano, riusciamo a fare il mutuo per la casa. E al loro posto arrivava, in posti spesso riportati soltanto dalle carte stradali, una foto in bianco e nero, in posa davanti alla Seicento bianca tirata a lucido, o accanto al televisore al centro della parete del soggiorno come un altare, lui in giacca cravatta e camicia bianca e lei con i capelli cotonati e un cappotto grigio enorme. Quelle immagini tutte uguali di quei cappotti tutti uguali di lana doppia finivano poi religiosamente sui comò delle case di quei borghi spesso sconosciuti, aggrappati alla montagna, accanto alla fotografia del nonno seduto austero con i baffi e l'abito della festa, e della nonna in piedi, seria e vestita di nero. "Mio figlio sta a Milano, sta in fabbrica" dicevano orgogliose le madri di quei posti del Sud sconosciuto e senza futuro, gonfiando il petto da cui pendeva un medaglione con il ritratto di qualche antenato di cui si cercava di non perdere la memoria. Adesso cambia la forma ma non la sostanza, al posto della foto in bianco e nero arriva il what’sapp: “Forse vengo giù, forse no”. Decido il 24. E voi, per sicurezza, a tavola mettite 'o piatto mio. E conservatemi i roccocò e la cassatina, ché qua le fanno una schifezza.