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Il resto d’Italia sa che il Sud è discriminato

Opinionista: 

Mentre il rigore ideologico con cui è stata affrontata la questione dell’Ilva di Taranto rischia di mettere a rischio cinquantamila posti di lavoro, il Mezzogiorno resta in attesa del nuovo Piano. Il Premier Conte ha annunciato che verrà presentato entro la fine del 2019. Lo ha fatto in un’occasione mediaticamente drammatica come la presentazione del Rapporto Svimez, da cui si evince che il Sud è già entrato in recessione, sempre più staccato dal resto d’Italia, in coda all’Europa per tassi di disoccupazione e livelli di reddito. In un quadro del genere, come noto, tre Regioni del Nord nell’ultimo anno e mezzo hanno provato a portare a casa una riforma che tendeva a rafforzarne i livelli di autonomia e a incrementare la quota rispettiva di entrate fiscali, a danno del resto del Paese e soprattutto del Sud. A difendere gli interessi meridionali si è formato una sorta di fronte del dissenso, formato da economisti, costituzionalisti e altri accademici, giornalisti, imprenditori e, per ultimo, anche esponenti istituzionali. La goccia scava la roccia? Parrebbe di sì, a giudicare dalla puntata di Report andata in onda lunedì scorso, che ha evidenziato come già allo stato attuale la ripartizione delle risorse dello Stato fra le Regioni per garantire servizi pubblici di base, a cominciare dalle scuole e dagli asili nido, sia penalizzante per il Mezzogiorno. Si tratta di un evento importante, perché a dire queste cose non sono più dei meridionali, ma la televisione di Stato. Ma proprio per questo, per il fatto cioè che in alcuni pezzi del Paese stia crescendo la consapevolezza che occorra rimettere il Sud al centro delle politiche di sviluppo, incrementando la spesa per infrastrutture e servizi, è importante battere il ferro finché è caldo. Significa che bisogna comporre delle reti di alleanze, nella politica e nella società civile, capaci di rappresentare in modo coeso gli interessi meridionali. Dialogare trasversalmente agli schieramenti politici e superare sterili dialettiche tra istituzioni. Difendere le ragioni del proprio territorio, ma senza farlo per puro spirito di campanile. L’Italia unita ha un futuro soltanto se recupera a standard di vita europei una macro area in declino da troppi anni. La crescita del Sud può rilanciare la competitività del sistema produttivo nazionale. Ma, per farlo comprendere ai nostri fratelli del Centro-Nord, bisogna promuovere strategie politiche e di comunicazione, e nel frattempo caldeggiare la realizzazione di quegli interventi strutturali che possono rimuovere i freni che impediscono lo sviluppo del Sud.