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Istituzioni assenti e sempre più vuote

Opinionista: 

Singolare Paese il nostro. A metà d’agosto s’apre una crisi. E passi. La via d’uscita sarebbe stata chiaramente l’andare alle elezioni. Sempre che alle forze politiche si potesse assegnare una qualche credibilità. Fino al giorno prima, fino a quando cioè c’era la prima versione del già lunare Governo presieduto da Giuseppe Conte, M5S e Pd si dichiaravano incompatibili, agli antipodi. Uso espressioni geografiche, perché loro si epitetavano assai peggio. In men che non si dica, il quadro trasmuta. Tempo quattro giorni, gli odiatori – termine molto alla moda, dai social in poi – divengono quasi spasimanti. Spasimanti no, ma sposi sì. E si sa che il vincolo matrimoniale non richiede necessariamente l’amore, supplet lex. In altri termini, in men che non si dica, auspici forze internazionali, intrighi da spioni (a quel che si legge), insipienza politica, inesistenza personale, il quadro delle alleanze si stravolge. Ben s’intende, non è che si capovolga intorno a condivisi obiettivi fattivi – insomma ad un programma di governo d’un qualche serio respiro, l’unico che avrebbe potuto giustificare il doppio salto carpiato; no, si capovolge solo perché c’è alle porte il temibile nemico leghista. Affibbiato d’ascendenze fasciste, in realtà, se si guarda a Salvini, semplicemente un poco provveduto guascone, il capo leghista ha giustificato ogni capriola, legittimandola con la necessità di salvare la salute pubblica. Non estendo il giudizio ai politici europei, perché evidentemente, se sono stati in grado – con le infinite risorse dell’Unione – di far montare un tale inauspicabile nazionalismo, tanto antiveggenti non sono stati. Cert’è che s’è creata una lega internazionale per far fuori la lega nazionale. E passi, perché se Salvini non ha compreso il serio livello del gioco in cui si trovava – governava la settima potenza industriale del mondo, con tutto quel che ne derivava – perdendo ostentatamente tempo a sbuffoneggiare in spiaggia, ben gli sta quel che gli è accaduto. Mal sta a noi, però. Vediamo dove ci troviamo. Presidente del Consiglio, mi pronuncio poco. Si presentò a suo tempo, forte del suo curriculum rigonfiato – e questo è assai grave per un professore universitario. Si presenta oggi, diversamente addobbato, nel suo secondo Governo, lì ad interpretare alleanze internazionali, politiche nazionali, tesi personali, a dir poco divergenti da quelle di qualche settimana fa. Chi sarà mai costui? Non credo che sia necessario attendere il futuro, ne abbiamo già conosciuto a sufficienza nel presente. Ma nemmeno qui finisce. Il partito che un tempo (lo rimpiango, io da sempre anticomunista) fu comunista – con vigore trasformista che Agostino De Pretis sarebbe al cospetto impallidito – da oppositore fiero è divenuto alleato del M5S: fosse del M5S, di Di Maio in persona. Si diceva che fosse rimasto l’unico partito con organizzazione in Italia: non è vero. Un partito non può compiere una simile piroetta in cinque giorni: sono abilità da circensi queste, non da politica strutturata. Ma siamo ancora a poco. Perché appena qualche giorno dopo avere costituito la compagine governativa, l’ex segretario di quel partito – l’ineffabile Matteo Renzi – decide d’uscire da quella Cosa (ce ne scusi Occhetto, che così la chiamò, in un giorno dalla diversa ispirazione) e, dopo essersi assicurato, nelle vesti di Pd, un’adeguata rappresentanza governativa, crea Italia Viva. Ecco, mi pare troppo, tutto ciò. Cosa c’entri l’Italia, per di più viva, quando mostra segni d’avanzata decomposizione, per davvero non riesco ad intenderlo. Che razza di Paese è quello che ha come presidente del consiglio (tutto minuscolo, non a caso) un politicamente ignoto, frutto della debolezza di due inetti politici che non sono nemmeno riusciti ad esprimere un presidente politicamente rappresentativo (dato che lì non si fa l’impiegato); che ha una compagine di governo, la quale non si sa bene se esiste, da chi è appoggiata, che nasce in un modo ed il giorno successivo assume nuove traditrici forme: forme che, rispetto a quelle venute fuori dalle elezioni di poco più d’un anno fa, sono semplicemente irriconoscibili, insomma qualcosa d’altro. Un Paese che ha un Parlamento ed un Presidente della Repubblica che assistono immoti a questi veri stravolgimenti della democrazia dove, approfittando di forme giuridiche costituzionali del tutto obsolete, le forze politiche fanno esattamente quel che desiderano senza che chi ancora avrebbe – o avrebbe avuto – il potere d’impedirlo abbia mosso un dito. No, è qualcosa d’indescrivibile ciò che sta avvenendo sotto l’indifferenza delle istituzioni ed il silenzio di intellettuali e soprattutto dei mezzi della pubblica opinione. Sta avvenendo con grave detrimento dell’interesse nazionale, cioè di ciascuno di noi, dove le istituzioni sono forme sempre più vuote, incapaci d’azione, assenti. Un Paese senza, ricordando un titolo ispirato ad Alberto Arbasino, quando il Paese c’era assai di più di oggi.