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La casta si castra e Di Maio cinguetta

Opinionista: 

Dopo un dibattito da cabaret e con numeri da maggioranza bulgara (553 sì, su 587 votanti), grazie al voto palese, che ha sconsigliato a tutti – per paura delle conseguenze – di votare contro il diktat dei “ducetti” ed evitare di essere accusati di collusioni con il nemico,. la casta degli incompetenti ha portato l'ennesimo attacco alla politica che ormai da anni non guida più la società, ma si limita ad inseguirla. Ha completato il processo di delegittimazione della democrazia e non tanto perché ha ridotto di un terzo il numero dei parlamentari, bensì perché lo ha fatto senza aver prima messo a punto i necessari correttivi costituzionali, per garantirne l'efficienza, migliorare il modello di selezione, la competenza e la qualità degli eletti e, soprattutto, la rappresentanza dei cittadini. Senza, per altro, assicurare un risparmio apprezzabile alla spesa pubblica (100 milioni di euro all'anno per i 5S, 57 per l'ufficio di ragioneria della Camera). E ora, se davvero si vuole dare un senso a questa riforma, bisogna cancellare il bipolarismo perfetto e costruire il semi presidenzialismo. Modifiche che si faranno, ma - come è, ormai, prassi consolidata in questa legislatura - con calma, gesso e senza fretta. Certo entrambi i contraenti si sono impegnati a realizzarle tutte - tranne le ultime due - a stretto giro di posta, ma qualcuno ci crede? Intanto, c'è già chi, Giacchetti – pur avendo votato “sì” - ha deciso di raccogliere le firme per il referendum abrogativo. Politica o follia? Il “sì” alla riduzione del numero dei parlamentari ha praticamente blindato questa legislatura, ma soprattutto rischia di segnare la conclusione del sogno di premiership di Matteo Salvini che ha praticamente costretto alla resa, riducendolo – pur più in sintonia con gli italiani - all'inconsistenza, quel centrodestra, i cui leader hanno continuato a seguirlo, come i ciechi di William Carlos “ciascuno segue gli altri, bastone in mano, trionfante verso il disastro”, senza rendersi conto di dove, con un po’ per sopravvalutazione di se stesso e un po’ per scarsa lungimiranza, li stava trascinando. Omicidio, suicidio assistito o induzione al suicidio del centrodestra? Una miscela di tutte, ma soprattutto del delirio di onnipotenza che ha colto il “capitano” dall'indomani delle europee del maggio scorso, che hanno consentito alla Lega, con il 34%, di raddoppiare i voti, scavalcare l'allora alleato di governo, M5S - che a sua volta li ha dimezzati dal 34% delle Politiche del marzo 2018 al 17% delle Europee - e diventare così il primo partito in Italia. Da quel momento, ha cominciato a tirare la corda, fino al punto di spezzarla, aprendo una crisi al buio, nella speranza di riuscire a convincere e, perché no, anche a costringere il Capo dello Stato a sciogliere le Camere e indire elezioni anticipate. Sognando di confermare quel risultato e raddoppiare il numero dei propri rappresentanti anche nel Parlamento italiano. Ma “l'uomo del Colle” ha detto “no” ed è stato l'inizio della fase discendente del centrodestra e speriamo che non si concluda con la sua fine. Un rischio non da poco, perché, checchè ne dica Salvini, ora i giallorossi hanno fra le mani un'arma pericolosissima: scrivere le riforme indispensabili a rendere operative la riforma e una legge elettorale che tenga conto della “novità” e renda possibile il voto per rinnovare il Parlamento. Altrimenti, quello attuale resterà in eterno al proprio posto. I giallorossi con questo risultato, quindi, hanno ottenuto il loro primo e principale obiettivo: blindare la maggioranza, per questa legislatura sventando il rischio di uno scioglimento anticipato delle Camere. Ed è chiaro che attraverso correttivi da apportare e il probabile ritorno al proporzionale, faranno di tutto per ottenere anche l'altro: relegare all'opposizione, il più a lungo possibile, Salvini. La sensazione – a mio mostestissimo avviso – è che il centrodestra, prima che chiedere il voto agli elettori, debba pretendere ai propri leader di fare un tuffo nella camomilla, quando sentono gli spiriti farsi troppo bollenti. Il delirio di onnipotenza che si è impadronito del “capitano” è la dimostrazione che il fallimento dell'operazione Fini, non ha insegnato niente a nessuno. Non sono i cittadini a consegnare l'Italia a sinistra e pentastellati, ma la voglia di “pieni poteri” dei “capi” del centrodestra.