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La Grande Napoli: è tutto come prima

Opinionista: 

Auspicata da Francesco Saverio Nitti (“i problemi del capoluogo vanno inquadrati in una dimensione sovracomunale per essere risolti assieme a quelli dei comuni della provincia”), dal dottor Giuseppe Moscati (“occorre prevedere lo sviluppo cittadino nel territorio della provincia lasciando intatte le bellezze cittadine da tramandare ai posteri” e venne fatto Santo ma non per meriti urbanistici), dal ministro  Antonio Giolitti (“non è più rinviabile la  redazione di un piano di razionale assetto dell’area metropolitana napoletana”),  dal grande urbanistica Luigi Piccinato (“in un contesto mondiale di grandi città di oltre dieci milioni di abitanti pare a me molto logico  creare  una città di 3 milioni di abitanti nell’area metropolitana di Napoli), dal meridionalista e cattedratico Francesco Compagna (“è insensato che i capresi, gli ischitani, i procidani, i sorrentini, i puteolani, i giuglianesi, i vesuviani, i pomiglianesi e gli altri abitanti della provincia non siano cittadini di una sola grande città, Napoli)  e prevista da Antonio Gava con la legge n° 142 dell’8 giugno 1990 (mai applicata per l’opposizione dei sindaci, schierati in difesa del proprio ““particulare”) la città metropolitana di Napoli è stata istituita il 9 ottobre 2016 in applicazione della legge n° 54 del 7 aprile 2014, nota come Legge Del Rio.  Sono stati eletti, con una procedura antidremocratica che ha escluso i cittadini, il sindaco di Napoli a sindaco metropolitano, un vicesindaco e 22 componenti il  consiglio metropolitano. Non so quel che è avvenuto nelle città metropolitane di Torino, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari e Reggio Calabria (sapremo quel che è avvenuto a Milano in un convegno che si terrà domani in una sala cittadina). So però quel che è avvenuto a Napoli. Al di là delle molte “attività” elencate nel sito ufficiale (ambiente, cultura, pianificazione territoriale, rifiuti, beni culturali, pari opportunità, polizia metropolitana eccetera) in tre anni non ha fatto praticamente nulla di rilevante: tutto è rimasto come prima in applicazione della regola gattopardesca “tutto cambi perché tutto resti com’è”. Infatti il sindaco Luigi de Magistris e i suoi assessori hanno continuato a occuparsi dei tanti problemi di Napoli (senza risolverne nemmeno uno) come se la città fosse un’isola in mezzo al mare (e non lo è) e i 728 tra sindaci, vice sindaci e assessori e i 1.804 consiglieri comunali hanno continuato ad amministrare (si fa per dire) gli altri novanta comuni della provincia, come se non facessero parte di una mostruosa conurbazione senza soluzioni di continuità. Ribadisco la totale contrarietà alla città metropolitana di Napoli perché, oltre ad aggiungere un’altra inutile e costosa amministrazione a quelle già esistenti, lascia “penosamente irrisolti”  gli annosi problemi della provincia. Anzi li aggrava.   Continuo a essere convinto che la soluzione ottimale stia nella creazione della Grande Napoli, proposta da Marco Pannella quand’era consigliere comunale della città partenopea e largamente condivisa: una città di oltre 3 milioni d abitanti, amministrata da un solo sindaco, da una sola Giunta, da un solo  consiglio comunale. Del resto, tutte le città metropolitane europee sono gestite da una sola amministrazione...Basterà una legge del Parlamento che aggreghi alla città capoluogo tutti i 90 comuni della provincia. A cominciare dai due comuni di Capri e dai sei comuni di Ischia, un’anomalìa che il consiglio metropolitano avrebbe già dovuto eliminare. Si tratta di ripetere quel che è stato fatto con il Regio Decreto n. 2183 del 15 novembre 1925 e con il Decreto Legge n. 1002 del 3 giugno 1926, con i quali sono stati aggregati alla città di Napoli i comuni di Barra, Chiaiano, Pianura, Ponticelli, San Giovanni a Teduccio, San Pietro a Patierno, Secondigliano e Soccavo. Ma in un paese che ama le cose complicate e inutili la Grande Napoli non la vedremo mai.