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Lavoro in Campania: senza investimenti nessun futuro

Opinionista: 

Nei giorni scorsi l’Istat è tornato a certificare l’andamento positivo sul fronte del lavoro, nella nostra Penisola. È un trend ancora in crescita, se si considera pure che l’ultimo dato diffuso fa segnare un ulteriore miglioramento rispetto al mese di gennaio 2024: 61,9%, un nuovo record di occupati, oltre 23 milioni e 773mila (superiore a quello di febbraio 2023 di ben 351mila unità). Buone notizie anche per quanto riguarda i dipendenti permanenti : 15 milioni e 969mila. Scende anche il dato di inattività, che si attesta sul 33%. Certo, bisogna continuare ad operare lungo questa direzione, seguendo la linea dettata dal Governo nazionale, affinché non solo sia garantito un flusso costante di crescita, ma si facciano ulteriori passi in avanti. Più volte, infatti, ho sottolineato, in primis da giuslavorista, come quelli che si colgono oggi, siano i frutti dell’opera virtuosa, di una visione programmatica e di interventi, di scelte condivise dall’intero sistema produttivo, che l’attuale Esecutivo ha imperniato su tre cardini: abbassamento del costo del lavoro; misure che prevedono il potenziamento di risorse e strumenti per sostenere l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro; premialità per le imprese che effettuano nuove assunzioni. Se, insomma, a livello nazionale, dopo anni, viviamo una stagione molto favorevole sul piano dell’occupazione, stessa cosa, purtroppo non può dirsi del quadro che emerge in Campania. A partire proprio dal tasso di disoccupazione che continua ad essere drammatico: a fronte di una media nazionale del 7,5%, in alcuni centri della provincia partenopea si raggiungono anche i 30 punti percentuali! Per non parlare dei cosiddetti neet, persone comprese nella fascia di età 18-29 anni. Conoscete la percentuale degli “inattivi” nella nostra regione? È del 40%! Ciò significa che 4 giovani campani su dieci non studiano né lavorano. La situazione è ancora più da allarme rosso se si considerano altri due aspetti fondamentali. Quello della dispersione scolastica, come certifica Svimez, fa segnare il peggiore dato d’Europa: 16% (con un impatto devastante sulla preparazione dei lavoratori del prossimo futuro). E poi c’è quello relativo allo spopolamento dei nostri territori, o a voler essere ancora più chiari, alla “fuga” dei nostri conterranei verso altre regioni d’Italia o all’estero. Si calcola che in Campania in 20 anni - con un’accelerazione preoccupante nell’ultimo decennio - 360mila giovani abbiano lasciato la loro casa, le loro radici, alla ricerca di una vita dignitosa, della speranza nel futuro, di un lavoro stabile, cose che qui da noi continuano a essere negate. Qualcuno dirà: la Campania è ancora la regione più giovane d’Italia. È vero, ma, considerando l’andamento negativo, non lo sarà ancora per molto. Nel frattempo però, in Campania si vive un anno e mezzo in meno rispetto alla media nazionale. Ed il lavoro è sempre più una chimera. Come si è giunti a questa evidente deriva, alla disfatta su tutta la linea, anche nel campo dell’occupazione? Al di là dei fattori storici, che indubbiamente vanno considerati, qui da noi continuiamo a fare i conti con gli effetti nefasti di una amministrazione regionale, che ormai da quasi dieci anni si caratterizza per immobilismo, indifferenza, approssimazione, incapacità gestionale di un comparto delicato e di primaria importanza economica. Mentre da Palazzo Santa Lucia si continuano a riempire la bocca con falsi primati, supportati da dati totalmente fasulli, si insiste sulla logica anacronistica dei “concorsoni” nella pubblica amministrazione - che per di più paiono seguire, con precisione svizzera, i tempi preelettorali - in Campania continuano ad essere inesistenti le politiche attive del lavoro, del tutto inadeguati e inutili i percorsi di formazione professionale. Al tempo stesso manca qualsiasi tipo di sostegno pure alle piccole imprese, col risultato che le nostre aziende non riescono a stare al passo, e si trovano spesso e sistematicamente ai margini del mercato del lavoro. Per quale motivo? Perché sono strette nella morsa della logistica e delle infrastrutture frammentate, in quella della burocrazia cieca, e dei costi insostenibili. A ciò si aggiunga che la situazione è resa ancora più drammatica dalla precarietà e dal lavoro nero, fenomeni che sono particolarmente radicati nei nostri territori. A livello locale, l’assenza di misure di sostegno alle imprese e di investimenti si traduce inevitabilmente anche con la mancanza di sicurezza sul posto di lavoro. E nella nostra regione, in questo scorcio di 2024, già si contano quasi 30 vittime sul lavoro, una ogni tre giorni. Numeri spaventosi, che rendono la Campania - in cui in 10 anni si sono registrate oltre mille “morti bianche” - una delle più a rischio su questo versante. Come invertire la pietosa tendenza? Seguendo innanzitutto la linea del Governo nazionale, che nella Legge di stabilità ha investito oltre 6 miliardi di euro proprio per l’abbassamento del costo del lavoro e, dunque, per dare la possibilità a tutte le aziende (soprattutto alle piccole e medie imprese) di poter garantire la sicurezza dei propri lavoratori, senza incorrere in ulteriori spese. È questa la ragione per cui in Campania non si può perdere altro tempo ma realizzare un grande piano per il lavoro. È da dieci anni - lo stesso periodo in cui la regione è amministrata da De Luca e dai suoi - che manca un’azione di ampio respiro come questa. Non mi stanco di ripetere, insieme alla Lega e a tutto il centrodestra, che la nostra gente, i nostri giovani, hanno diritto ad avere qui il loro futuro attraverso un lavoro stabile, dignitoso e sicuro. Una volta per tutte, vanno individuati i bisogni reali della nostra economia; bisogna fare rete, potenziando e rendendo realmente funzionanti i centri per l’impiego; bisogna utilizzare gli strumenti adeguati per facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro; sostenere le imprese, con i fatti e non a parole; si devono, insomma, muovere e saper muovere le leve in grado di determinare, prima di tutto, un abbassamento del costo del lavoro. Un compito non semplice, sia chiaro, soprattutto dopo anni di immobilismo, inefficienza, indifferenza, ma è un obiettivo che chi ha veramente a cuore il bene della collettività, non può fare a meno che impegnarsi a centrare. Noi, dal nostro campo di azione, siamo pronti da tempo per compiere questo passo fondamentale per il rilancio del Nostro Posto, dimostri di esserlo anche chi, in questi dieci anni, non ha mosso un dito per il bene della Campania e dei suoi cittadini. E se non sarà capace di farlo chi governa ora, lo faremo noi. Un progetto che deve partire dal confronto aperto a tutte le forze politiche, un tavolo a cui far sedere enti locali e player del nostro sistema produttivo e sociale, le imprese, il mondo della scuola, dell’università, della formazione professionale. Come realizzarlo? Anche con le risorse della programmazione europea 2021/2027, accompagnate dagli effetti positivi che sempre più chiaramente si dispiegheranno nel Nostro Posto con i fondi del Pnrr e le misure sulle infrastrutture e le mobilità delle quali lunedì a Napoli, in una straordinaria iniziativa istituzionale a Pietrarsa, Matteo Salvini ha descritto i risultati già raggiunti e soprattutto gli interventi avviati e programmati. E’ questa la politica che serve qui, quella dei fatti, non dei manifesti a pagamento o delle offese sui social.