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Le sardelle rischiano di affogare in un barattolo

Opinionista: 

Cari amici lettori, con il terribile inquinamento dei mari per la plastica e non soltanto, ma anche per ogni altra specie di rifiuti, scoli industriali e metropolitani, il pesce dovrebbe ormai essere fuori moda. Io non sono un patito del pesce, ma non mi potete togliere ll’alice o ‘e calamare fritte, ‘o purpo affucato o â ‘nzalata, ‘a pezzògna, ‘e vvòngole p’e vermiciélle e via scurrenno; per non parlare dei meravigliosi ricordi dell’infanzia, quando si trovavano ancora ‘e ciciniélle e ‘e ciéfare erano ancora commestibili. Non ho, invece, in particolare simpatie le sarde: la pasta con le sarde è piatto tipicamente siciliano, che mai si è diffuso nel continente. Io, in verità, quando ero in Calabria, gradivo la sardella locale: ma si trattava di una specialità che adoperava pesci di tenera età (due mesi, tre al massimo), praticamente sciolti nel “pepazzo” (peperoncino piccante in polvere). Oggi, invece, è un gran parlare di questa varietà ittica, poiché sardelle (o sardine che dir si voglia) sarebbero gli ispiratori e i seguaci di quel sedicente nuovo movimento popolare che prova ad affollare le piazze. Come dite? Sì, è vero, ho già parlato di quest’argomento due settimane fa, quando ancora era una “new”. Ora che si avvia a diventare “old” (e me ne dispiace per loro, perché già dòppo tre ghiuórne ‘o pésce féte) ci sono un po’ di cosette da aggiungere. In primis c’è stata, nel Veneto, l’aggressione ad alcuni esponenti leghisti e ai loro familiari (Ahi, dov’è finito il rispetto per donne e bambini!), che non mi sembra per niente compatibile col dichiarato programma di opporsi alla violenza. Avevo ragione, evidentemente, quando due settimane fa scrivevo che i “democratici (forse avrei dovuto usare il sinonimo “antifascisti”) sono contrari alla violenza anche verbale, sempre che non siano carnefici ma vittime”. Quel che più conta, però, è la precisazione della sinistra ufficiale secondo cui si tratta di “compagni che sbagliano”. No, neanche io mi sbaglio, ho già sentito questa espressione a proposito delle brigate rosse o dei nuclei armati proletari (quelli che mi fecero avere la scorta per un paio di settimane, finché li presero, perché mi avevano inserito nell’elenco delle persone da uccidere). Non voglio con questo parificare le sardelle ai brigatisti (troppo onore!), ma certamente ha avuto così conferma ufficiale l’ipotesi che non di movimento spontaneo si tratta, ma di “compagni”, ossia di una filiazione del partito del fratello di Montalbano. Resta vera la mia affermazione che le sardelle non mangiano mortadella, ma il piddì ha già programmato una scuola d’indottrinamento per queste nuove (?) leve. E questo, ovviamente, avviene nella regione che comprende Bibbiano e il triangolo della morte. Certo, non si può seriamente lanciare un movimento politico senza alcun contenuto positivo ma con il solo programma di combattere Matteo Salvini: i partiti che stanno dietro ai pesciolini ignari della politica hanno forse, però, ancora un programma? Se dobbiamo credere ai lamenti dei vecchi militanti, direi proprio di no. Il programma, in realtà, è uno solo: conservare il potere in Emilia-Romagna. Non ci farebbero un nuovo triangolo della morte, ma certamente incrementerebbero la “cultura di Bibbiano” (Bibbianesimo, potremmo definirla). A tal proposito, appare molto significativo che il governo regionale in scadenza abbia stabilito, con la sua apposita commissione, che “tutto va ben, madama la marchesa”, mentre nulla di simile è stato decretato a livello di governo e magistratura. Infatti, è una vergognosa balla! La verità è che una vittoria del centrodestra in Emilia forse non farebbe cadere subito il “papocchio Conte”, ma costituisce l’unica speranza di salvezza per le famiglie meno abbienti che hanno bambini in quella regione: essi non vogliono che le povere creature siano strappate ai genitori per un mercato aperto alle coppie unisex. Le sardine hanno la funzione di evitare questo necessario cambiamento; che ci riescano o no, finiranno come la sardella piccante calabrese: affogate in un barattolo di poltiglia rossa.