Accessibilità:
-A A +A
Print Friendly, PDF & Email

Le Soprintendenze sono da abolire

Opinionista: 

La legge 164 dell’11 novembre 2014, nota come “Sblocca Italia”, viene contestata dagli estremisti dell’ambientalismo italico perché, secondo loro, “sottrae alle Soprintendenze il compito di impedire le mani sulle città”. L’avessi fatta io questa legge avrei previsto la soppressione di queste sovrastrutture provinciali che, in mancanza dei piani paesistici (obbligatori secondo la legge Bottai n. 1487 del 1939 allo scopo di evitare “pareri ad libitum”) gestiscono un potere del tutto discrezionale, ai limiti dell’arbitrio, prevaricando spesso le competenze delle amministrazioni comunali. Perciò mi batto da decenni per l’abolizione delle Soprintendenze provinciali e delle Direzioni regionali ai Beni culturali. La loro inutilità è dimostrata dal fatto che il Bel Paese, comprese le zone “vincolate” affidate alla loro tutela, è stato trasformato in una gigantesca pattumiera dell’edilizia spazzatura scaricatavi negli anni che vanno dalla caduta del fascismo fino ad oggi. Nonostante le leggi del 1939 sulla tutela del patrimonio storico e artistico e sulla protezione delle bellezze naturali (“leggi che tutto il mondo ci invidia”, secondo la signora Giulia Maria Crespi quando presiedeva il FAI e che avrebbero giustificato la dedica di una strada della Capitale al ministro fascista, secondo Francesco Rutelli quand’era sindaco di Roma). E la loro dannosità è dimostrata dai due crimini contro la cultura mondiale commessi dalla Soprintendenza di Venezia. Con la presunzione di essere gli unici a capire cos’è l’accostamento tra antico e nuovo, i burosauri veneziani bocciarono negli anni ‘50 il Memorial Masiero sul Canal Grande, progettato da Frank Lloyd Wright, e negli anni ’60 bocciarono l’Ospedale della Giudecca, progettato da Le Corbusier, con la motivazione che “mal si inseriscono nel contesto storico e artistico della città lagunare e ne costituirebbero una grave turbativa”. Due delitti rimasti impuniti perché hanno privato Venezia, e direi l’Italia, dell’unica opera europea del Maestro americano che, ove realizzata, sarebbe stata meta di un turismo culturale superiore a quello che oggi viene attratto dalla sublime bellezza dei monumenti della città lagunare. Una dannosità dimostrata dalla Soprintendenza di Salerno che autorizzò negli anni ’70 la costruzione di quel megalbergo sulla costiera amalfitana che sarebbe poi diventato il “mostro di Fuenti”, demolito trent’anni dopo. E dalla Soprintendenza di Napoli che, dopo avere espresso parere favorevole agli ecomostri di Ottieri negli anni del “sacco di Napoli”, cinquant’anni fa autorizzò la costruzione del “mostro di Alimuri”, un grosso edificio sugli scogli di Vico Equense, demolito diversi mesi fa dopo un lungo rosario di cause civili, ricorsi, polemiche e promesse di risarcimenti. E che negli anni '90 autorizzò la costruzione di un grande albergo in riva al mare mediante l’utilizzo dei ruderi dell’ex cementificio in località Pozzano di Castellammare di Stabia, in palese violazione della legge Galasso. Violata nel 1995 anche dalla Soprintendenza di Bari che autorizzò la costruzione degli ecomostri di Punta Perotti sul litorale barese, progettati dall’archistar Renzo Piano e dagli architetti Vittorio Chiaia e Massimo Napolitano (fratello di Giorgio). Non ci fossero altre ragioni basterebbero questi scandalosi accadimenti per giustificare la condanna alla “soppressione” delle Soprintendenze. E anche del ministero per i Beni culturali, come aveva proposto il ministro Franco Bassanini sollevando le ira della signora Giovanna Melandri, allora titolare del dicastero. Talchè continuerò a sostenere che queste sovrastrutture vanno abolite e che le loro competenze vanno trasferite alle Regioni, attuando in modo intelligente il decreto del presidente della Repubblica 616 del 24 luglio 1977 sul decentramento. Sono convinto che gli assessori regionali non potranno fare peggio dei Soprintendenti. In ogni caso, a differenza degli inamovibili burosauri ministeriali, avremo la possibilità di mandare casa gli assessori incapaci. E non è poco.