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Lo stato d’ansia e il rapporto tra il medico e il paziente

Opinionista: 

Il primo incontro con il paziente deve essere un incontro umano conoscitivo prima ancora di valutare la necessità che lo ha spinto dal medico, soprattutto se il medico è un operatore chirurgico come lo specialista in odontoiatria o in chirurgia plastica. Proprio nell’esposizione del racconto che il paziente descrive, sul motivo che ha determinato la visita, come il dolore, la sua localizzazione o la durata, spesso si ravvisa un disagio che va al di là di una normale preoccupazione. Ecco, questo è uno stato d’ansia che poi nel prosieguo del colloquio il paziente stesso descrive attraverso le sue sintomatologie: sudorazione, senso di soffocamento, gastrite ecc., addirittura subordinandole al motivo stesso che lo ha condotto presso la clinica, ad esempio la necessità di sottoporsi a terapie odontoiatriche. Nell’ascolto la persona riferisce che ancor prima di venire in clinica già l’impegno dell’appuntamento gli creava uno stato d’ansia. Ma cosa è l’ansia? Diciamo che un normale stato di ansia è necessario in quanto alza il nostro livello di attenzione e ci protegge mettendoci in guardia da situazioni potenzialmente pericolose, come attraversare la strada o nello sbrigare faccende domestiche; altre volte interviene nel creare uno stato di normale tensione per superare una prova come può essere un esame o un colloquio di lavoro, ma dopo però tutto torna nella normalità. Ma alcune volte questo sano e necessario senso di allarme aumenta, e sfocia in un disturbo ansioso che si sviluppa con una eccessiva preoccupazione, non solo su eventi presenti ma anche su fatti futuri che potrebbero accadere generando reazioni emotive esagerate. Questo stato attiva il sistema nervoso autonomo provocando un aumento del battito cardiaco e della respirazione ed altri sintomi come una stretta allo stomaco e sudorazione. Purtroppo altre volte lo stato d’ansia aumenta diventando patologico con disturbi che invalidano la vita sociale. Potremmo descrivere in tal modo insonnia con risvegli frequenti; agorafobia vale a dire trovarsi in dei luoghi da dove non si può scappare e allora si cerca di dormire con le finestre aperte o scegliere posti al mare o al ristorante che siano dislocati rispetto ad altri o nell’evitare posti chiusi o viaggi lunghi in treno o in aereo. Passiamo poi all’ansia sociale, cioè al disagio di stare con altre persone per la possibilità di apparire inadeguati ed essere giudicati negativamente, per non essere all’altezza o semplicemente per il timore di apparire imbarazzati. Lo stato d’ansia patologico può essere indotto da emozioni soffocate e represse dovute ad una educazione molto rigida da parte dei genitori o da forme estreme di perfezionamento su come si affronta la quotidianità, ad esempio l’eccessiva pulizia nei lavori domestici, un ordine troppo meticoloso, quasi maniacale etc. L’ansia patologica non va sottovalutata ma curata al più presto perchè può sfociare verso la depressione. In sintesi, possiamo definire l’ansia come una emozione al negativo. Credo che in gran parte dei casi il responsabile delle forme ansiogene sia l’attuale contesto storico, in quanto protagonista di un diffuso disagio sociale dominato dalla dipendenza tecnologica e dalla voglia di misurarsi a tutti i costi con la logica del risultato. Tutto ciò porta inevitabilmente all’insoddisfazione che si impadronisce del sè e spinge la persona verso l’ansia. Ecco perchè in primis il medico in questi casi debba comprendere e aiutare il paziente verso l’approccio terapeutico creando un rapporto umano e un clima di fiducia. L’ascolto creerà le condizioni per aiutarlo a sostenere le cure odontoiatriche e se necessario anche attraverso il supporto farmacologico e psicologico; inoltre davanti a situazioni dolorose e urgenti si può far ricorso ad una anestesia leggera e cosciente che è l’analgoanalgesia. Concludo con due riferimenti storici, quelli di Cicerone e di Seneca in quanto l’ansia era ben conosciuta fin dai tempi dell’antica Roma. Vorrei ricordare l’epistola 18 libro primo di Cicerone dove si fa riferimento all’angoscia - “multa sunt enim quae sollicitant anguntque”, ossia “molte sono infatti le cose che mi preoccupano e mi angosciano” - indicando così le svariate forme con le quali si presenta l’ansia. Seneca nella lettera a Lucilio che scrisse quando si allontanò da Nerone, consigliò a tanti che erano ansiosi e preoccupati dal momento politico di non essere infelici perchè i pericoli futuri non erano arrivati e quindi non c’era motivo di essere ansiosi di qualcosa che non c’era, indicando così una semplice condotta per evitare una forma d’ansia d’attesa oggi molto attuale.