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Medicina, risale a 20 anni la scelta del numero chiuso

Opinionista: 

Gentile Direttore, leggo con piacere le interessanti riflessioni che il Suo Giornale sta saggiamente ospitando su un argomento “caldo” come quello della sanità. In tema di ottimismo, chi come me ha scelto la professione medica, e nello specifico chirurgica, confida nell’uomo ed affronta la malattia, in una sfida quotidiana che non può prescindere dalla speranza di vincere battaglie anche molto complesse, con lo sprone e l’autocritica di poter fare sempre di più e meglio. Entrando nello specifico, e cioè nelle responsabilità della carenza di medici e di specialisti, seppure il mio articolo si riferisse specificamente alla preoccupante crisi di vocazione verso la chirurgia, che purtroppo vive tutto il mondo occidentale (consiglio la lettura dei dati sul Burn out riportati da una delle più prestigiose riviste di medicina al mondo, quale Journal of the American Medical Association, o anche i dati della British Medical Association e quelli della Commissione Eutopea sulla necessità emergente di 45.000 medici in Germania) e che il dottor Mastrangelo ascrive alle nostre Università, vorrei ricordare che la scelta del numero chiuso per l’accesso ai corsi di laurea in Medicina non è stata presa dai Professori Universitari, bensì dal Governo Centrale circa 20 anni fa, e riguarda anche altri percorsi, quali Architettura, Farmacia, Economia, Veterinaria, Scienze della Formazione, ecc., come d’altronde avviene da molti anni anche in Germania, Francia, Austria, Finlandia, Gran Bretagna, Belgio, ecc., attraverso una selezione nazionale direttamente gestita (preparazione dei test di ingresso e relativa correzione) dal Ministero dell’Istruzione e dell’Università. Per quanto attiene poi al deprecabile imbuto rappresentato dal limitato numero dei posti in specializzazione (poiché bisognerebbe invece parametrarli rispetto ai laureati), anche su tale aspetto non c’è alcun coinvolgimento delle università, poiché per la discutibile selezione, definizione del numero e della tipologia dei posti a disposizione, decide il Governo Centrale, con un contributo regionale integrativo, che amplia - seppure in misura limitata - il numero delle borse, favorendo lo scorrimento delle graduatorie. Infine, per quanto riguarda i suoi interrogativi sulla qualità degli Atenei del nostro Paese, il disagio delle istituzioni statali, in una contingenza economica sfavorevole, è purtroppo sotto gli occhi di tutti, soprattutto nel Meridione d’Italia, e non risparmia le Università; posso però eccepire che i laureati e gli specialisti formati nelle nostre Università, ovunque riescano a trovare collocazione professionale a conferma della buona qualità formativa, purtroppo spesso all’estero e nelle regioni del Nord per le maggiori opportunità lavorative offerte, dimostrano grandi capacità e ottima professionalità. Vogliamo aprirci al mondo e sperare in bene per il nostro Paese e per il nostro Meridione? Giudicare o peggio criticare “a prescindere” non credo sia il modo migliore per contribuirvi.