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Mercadante, un successo anche nel nome di Eduardo

Opinionista: 

Napoli, di fatto la porta culturale dell’opulento (e spesso disattento) occidente sulle antiche fascinazioni orientali, riparte dal suo incredibile patrimonio di conoscenza. E da se stessa. Nonostante le lotte intestine e tutto quello che la storia della struttura racconta (compresa la lunga chiusura forzata degli scorsi decenni) il teatro Mercadante è stato, ieri, designato Teatro Nazionale. Si tratta di una delle nuove figure previste dalla riforma della prosa, volta a tutelare il macrocosmo dell’arte. E a dare ad esso nuovo slancio. Il cuore pulsante della città, e della sua inestinguibile cultura millenaria, guadagna in questo modo una qualifica particolarmente ambita da quanti parlano la lingua della ricerca (non solo) teatrale. Una opportunità non da poco, che si tramuterà (anche) in un più cospicuo contributo in danaro. Un’esigenza indifferibile per la vita della struttura, considerato che i fondi a disposizione del Mercadante sono oggi pari ad appena 360mila euro. Una cifra ridicola, se confrontata alle esigenze di gestione di una struttura che deve perpetuare la dottrina di un popolo. Non solo. Maggiori saranno anche le opportunità professionali per gli attori, i registi e i tecnici. Insomma, si può affermare che lo stabile di Napoli (composto dal Mercadante e dal teatro San Ferdinando) è (ri)entrato di diritto nell’aristocrazia della prosa. Eppure, nonostante l’inopinato backgroud artistico della città, la promozione era tutt’altro che scontata. Il Mercadante sta, infatti, vivendo un altro momento poco aureo del suo tortuoso percorso di vita. Il Comune di Napoli e il presidente del Cda dello stabile, sono entrati in un gravoso conflitto, causato dal concorso per le nuove assunzioni. E la faccenda è al vaglio della magistratura. Un “affaire” che, a uno sguardo disattento sulle reali potenzialità della struttura, avrebbe potuto incrinare l’immagine del teatro stesso, compromettendone le sorti sulla scelta del Ministero. Che, con il senno del poi, e considerata anche la severità dei requisiti richiesti ai cosiddetti superteatri, è stata, per contro, oculata. E inattaccabile sotto ogni punto di vista. Lo Stabile di Napoli si è infatti adeguato per tempo alle normative richieste. In meno di tre anni, ha statuito l’aumento dei fondi da parte dei soci fondatori Regione e Comune; ha realizzato e portato a segno un programma triennale di spettacoli di alto profilo (impreziosendo e incrementando il numero delle produzioni interne); ha lavorato alla realizzazione di due palcoscenici. Last but not least, ha deliberato l'istituzione di una Accademia di Arte Drammatica. Una decisione, quest’ultima, che oltre a conferire ulteriore oculatezza alle lucide operazioni di rilancio, chiude un cerchio artistico e sentimentale fra Napoli e la famiglia del più grande commediografo del secolo andato. Naturalmente napoletano di nascita e di cultura. A dirigere l’Accademia è stato, infatti, chiamato Luca De Filippo: un cognome che pochi teatri in Italia possono vantare. E il cui prestigio ha contribuito, ancora una volta in maniera decisiva, al rilancio del teatro partenopeo.