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Non maltrattate i pensionati che possono sopravvivere

Opinionista: 

Cari amici lettori, oggi è la festa del lavoro e mi sembra, quindi, l’occasione più adatta per affrontare un problema strettamente al lavoro collegato: le pensioni. Ho evitato finora quest’argomento perché, essendo io pensionato, m’infastidisce far Cicero pro domo sua. Ora, riflettendo sul fatto che moltissime sono, oltre a me, le persone interessate, ho deciso di affrontarlo. Le pensioni sono di diverse categorie: quelle che m’interessano sono quelle di anzianità, quelle che si percepiscono al termine di una vita di lavoro, nel corso della quale si sono versati allo Stato i contributi di previdenza. Questo io, personalmente, ho fatto esattamente per cinquanta anni e otto mesi, fino a quando, non per mia volontà, ho dovuto smettere di lavorare per raggiunti limiti di età. Ora, uno dei più gravi malanni della società contemporanea è la svalutazione, che determina l’impoverimento di chi ha un reddito fisso. Per ovviare in qualche modo a questo malanno, fino a qualche anno fa vigeva una norma per cui tutte le pensioni erano periodicamente rivalutate in relazione agli indici Istat del costo della vita. Questo non avviene più e tutti gli interventi governativi sui trattamenti pensionistici sono limitati alle pensioni minime. Un simile comportamento, che insieme con altri determina l’impoverimento del ceto medio, sembrerebbe meno irragionevole se praticato da un governo di sinistra. Meraviglia che a praticarlo sia, invece, il primo governo di centrodestra di questa Repubblica. Non mi si venga a parlare di “pensioni d’oro” per quelle che superano i venti o i quarantamila euro. Pensioni d’oro sono quelle di elevato importo sì, ma che non costituiscano la restituzione di somme affidate all’uopo allo Stato durante gli anni di lavoro. Occorre tener presente che lo Stato già lucra abbondantemente ai danni di questi pensionati, poiché l’importo netto è circa la metà di quello lordo per effetto dell’imposizione fiscale e questo a prescindere dalle ulteriori tassazioni degli enti locali. La pensione “d’oro” diviene quindi d’argento se non di bronzo e costringe alla riduzione della spesa e, conseguentemente, del tenore di vita. Potreste immaginare che io sto pensando alle mie tasche, ma non è così. Io riuscirò a mangiare nei pochi anni che mi restano, ma migliaia e migliaia di persone si trovano nella situazione che ho descritto e molti potrebbero non riuscire a mettere più il piatto in tavola. Oltretutto i vecchi sono, in maggioranza, malandati e hanno bisogno di cure. L’invenzione degli enti assistenziali risale a quel ventennio cui molti attribuiscono tutti i mali. Quei molti dovrebbero spiegare però perché la democrazia ha in pratica abolito gli enti che tutelano il diritto alla salute. Quando leggo che gli accertamenti relativi a dei malanni tumorali possono arrivare oltre un anno dopo la richiesta io resto basito; ma non avrei motivo di meraviglia perché la mia visita di controllo dermatologica (per un malanno che negli anni mi ha costretto a subire parecchi interventi chirurgici), richiesta nel novembre 2023, è fissata per il luglio del 2024. Questo benché lo specialista curante ritenga che il controllo dovrebbe avvenire ogni mese. Questo io narro non perché tema di non sopravvivere ai lunghi rinvii, ma perché mi rendo conto che l’esito mortale può colpire tanti pensionati che si trovano in condizioni peggiori. Voi, del resto, seguendo le cronache, sapete che questa tristissima realtà spedisce nella tomba molte persone, assai più di quelle ricordate dai cronisti. Dico perciò al governo: se credete, fate pure la stupida dichiarazione di antifascismo che alcuni oppositori vi chiedono, ma ripristinate l’assistenza sanitaria e tutte le altre garanzie che furono create dal governo fascista. E, trovandovi, non maltrattate quei pensionati che possono ancora sopravvivere ma non mantenere, negli ultimi anni di vita, le piccole gioie cui erano avvezzi.