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Primo Maggio: il lavoro è diritto a una vita migliore

Opinionista: 

Nel giorno in cui si celebrano il lavoro e i lavoratori il pensiero non può che andare a chi quotidianamente si adopera per costruire il suo futuro, quello della propria famiglia e del Paese intero; a chi un lavoro lo ha perso e lo cerca da tempo, a chi il lavoro lo ha ritrovato dopo anni di incertezze e lo difende e soprattutto a chi  sul posto di lavoro ha lasciato la vita, vittima dei tanti, troppi, incidenti che anche in Campania aggiornano costantemente un bollettino di guerra. Nella nostra regione nei primi mesi del 2024 sono già oltre 30 le vittime di incidenti sul lavoro. Al di là di questo tragico dato non certo slegato dall’inefficacia di una politica locale che si dimostra totalmente miope anche in materia di sicurezza qui da noi il tema dell’occupazione impone una riflessione ancor più profonda alla quale deve necessariamente seguire un’azione costante e finalizzata ad invertire la rotta. Non è un mistero che in Campania, sul fronte del lavoro, si viva una situazione drammaticamente complessa. E tra i vari fattori che contribuiscono a rendere il quadro ancora più preoccupante ci sono certamente l’immobilismo, l’incapacità, l’indifferenza di Palazzo Santa Lucia. A certificarlo l’imbarazzante raffronto con gli ultimi dati Istat a livello nazionale: 61,9%, oltre 23 milioni e 773mila di occupati, con 15 milioni e 969mila dipendenti permanenti; trend in diminuzione rispetto agli inattivi, con una percentuale che si attesta sul 33%. Mentre, dunque, in Italia il lavoro continua a crescere, grazie all’opera fattiva del Governo, qui da noi l’occupazione resta una chimera, un miraggio, una “dimensione” avvertita spesso come inaccessibile da tantissimi cittadini, a partire dai giovani. Non è un caso se nella regione più giovane d’Italia ancora per poco se non si metteranno in campo interventi per evitare la “fuga” verso altre parti d’Italia e all’estero, alla ricerca di un’esistenza dignitosa sia elevatissimo il tasso di persone, comprese nella fascia d’età 18-29 anni, che non studia e non lavora: oltre il 40%. Ed è addirittura da allarme rosso la situazione nella provincia partenopea, con molte aree passate in pochi anni da “poli” strategici per l’occupazione a lande in cui i disoccupati arrivano a superare il 30% (a fronte di una media nazionale del 7,5%). Particolarmente drammatici i dati sulla disoccupazione giovanile e femminile: secondo Svimez, in Campania il tasso delle donne dai 15 ai 24 anni senza lavoro si attesta nel 2023 attorno al 48,5%, per un totale generale del 40% circa nella regione. Per non parlare della dispersione scolastica: sapete dove si registra il dato più alto d’Europa? Proprio in Campania, con oltre il 16%. Ciò vuol dire che molti dei nostri ragazzi abbandonano i banchi precludendosi la possibilità di crescere, di acquisire conoscenza, cultura, professionalità e, in prospettiva, un posto di lavoro. Non si può tollerare oltre questa situazione e in particolar modo oggi, Primo Maggio, deve emergere con tutta la sua forza un messaggio: il lavoro è il diritto a una vita migliore. Solo partendo da questo presupposto si può immaginare di restituire speranza, dignità e futuro ai nostri cittadini e appeal ai territori, che vanno resi realmente attrattivi per le imprese. Solo con questa visione si possono attivare le leve necessarie affinché anche in Campania il lavoro torni ad essere il volano principale per la crescita economica, sociale, dei livelli della qualità di vita di tutti noi. Come garantire questo diritto? Innanzitutto seguendo la linea del Governo nazionale per l’abbassamento del costo del lavoro (nell’ultima Legge di stabilità l’Esecutivo ha investito oltre 6 miliardi di euro), condizione per permettere a tutte le aziende, soprattutto alle piccole e medie imprese, di poter stare al passo con l’andamento del mercato dell’occupazione, di poter garantire sicurezza, qualità e crescita alle proprie attività e ai loro dipendenti, per contrastare in maniera decisa i fenomeni del lavoro nero e della precarietà. E sono in arrivo ulteriori robusti interventi per sostenere l’occupazione, a partire dall’esonero contributivo totale per 24 mesi per le nuove assunzioni, con ulteriori misure per le aree Zes, e quindi in favore del Sud del Paese, oltre alla previsione di robusti finanziamenti per il lancio di nuove attività ugualmente indirizzati al Mezzogiorno. Se dunque il Governo, anche su questo fronte, si sta muovendo con forza e autorevolezza, allo stesso modo la Regione ha l’obbligo di agire, di fare la sua parte, destandosi una buona volta dall’immobilismo cronico e dall’indifferenza complice rispetto ai disastri che ha contribuito a creare, staccandosi dalla logica arcaica dei “concorsoni” nella pubblica amministrazione, organizzando una rete a cui far partecipare tutti i player, avviando finalmente le politiche attive del lavoro, ristrutturando dalle fondamenta i percorsi di formazione professionale (con un’offerta formativa spesso astratta e slegata dalle esigenze produttive dei territori), potenziando e rendendo realmente funzionanti i centri per l’impiego. Occorre dunque, come insieme alla Lega continuo a ripetere ormai da 10 anni, un piano regionale per il lavoro, senza perdere altro tempo prezioso. Sarebbe un ulteriore delitto per la nostra economia, anche guardando alle tantissime eccellenze che agiscono sul nostro territorio, in ogni comparto imprenditoriale e produttivo: da quello dell’agroalimentare a quello turistico e ricettivo, passando per l’artigianato di qualità, fino al settore della moda. Vanti e capisaldi dell’orgoglio campano che contribuiscono a diffondere il Made in Italy nel mondo e che vanno tutelati anche in Europa, sempre meno madre e più matrigna. Per questo motivo la Lega, da sempre attenta alle esigenze dei singoli territori, e che mette al primo posto gli interessi degli italiani, in vista delle prossime elezioni europee è al lavoro per cambiare registro rispetto all’Ue. L’Italia deve avere un ruolo da protagonista: va invertito, insomma, il corso non certo favorevole al nostro Paese, superando quello che non ha funzionato in passato. A partire dalla battaglia, da vincere a tutti i costi, contro la direttiva Bolkestein, una norma che, applicata senza alcuna attenzione rispetto alle specifiche vicende, oggi va a colpire per esempio la filiera dei nostri balneari, una grande categoria con una folta rappresentanza nella nostra regione, e che a livello nazionale, durante la stagione estiva dà lavoro, complessivamente a qualche milione di persone! Lo ribadisco: è da qui che bisogna ripartire anche nel Nostro Posto, per garantire il diritto al lavoro, per la sua tutela, per creare le condizioni affinché i giovani possano costruire qui il proprio futuro. Chi non è in grado di fare la propria parte per incompetenza e inettitudine, chi si rifiuta di farla continuando a trincerarsi dietro l’arroganza del potere e i no a prescindere, continuando a negare ogni forma di dialogo e ignorando proposte solo perché provengono da un versante politico diverso, abbia almeno la decenza di riconoscere le responsabilità rispetto al disastro causato e, nel poco tempo che menomale gli resta alla guida della Regione, si attivi per limitare i danni.