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Riecco Grillo, il nuovo Padre della Patria

Opinionista: 

Cari amici lettori, è arrivato il tempo di gioire! L’Italia non è più orfana! È arrivato il nuovo Padre della Patria! Veramente? Mi chiederete voi. E chi è costui che ha reso di nuovo legittima questa nazione, da qualche tempo creatura illegittima, figlia d’ignoti? Ma è lui, ragazzi! Il guru dei cinque stelle, l’uomo che è uscito da dietro le quinte ove tirava i fili delle marionette in governo e in parlamento: Beppe Grillo! Credevate che fosse solo il grillo parlante del pinocchietto Di Maio? No, non è venuto soltanto giù da Genova in Campania per fare un po’ di lezione all’allievo di Pomigliano, è andato molto più il là, fino al Catai di Marco Polo, per parlare con Xi Jinping e dirgli le cose che da Putin e Trump non era riuscito a sentire. Beh, i cinesi non sono più per noi il “pericolo giallo”, come quando io ero bambino. Ora sono ben presenti nella nostra economia, non solo nelle industrie e nel mondo del calcio, ma anche nella vita quotidiana. Capita anche a voi, quando tornate a casa con un acquisto, di sentirvi chiedere se avete comprato al supermercato o dal cinese? Fino a ieri, però, non credevamo di avere un filo diretto con Pechino. Dobbiamo ringraziare Giggino Di Maio, il nostro autorevole ministro degli Esteri, che ha fatto un passo indietro per consentire il passaggio di chi conta più di lui e forse, grazie al passato di comico, ha maggiore conoscenza di qualche lingua straniera. Beppe Primo (da non confondere con Giuseppi, il bifronte che siede a Palazzo Chigi) non è solo il nostro rappresentante nelle capitali che contano (aspettiamo con ansia i prossimi viaggi a Mosca e Washington, che evitino la sudditanza al Celeste Impero), ma è l’Eminenza Grigia (bianca, ormai, ma, ahinoi, gli anni passano per tutti) di tutta la politica italiana. Non a caso, quando, a bordo di una nave poco distante dalle nostre coste, si decideva il nostro futuro, Egli c’era. Non crea nessuna difficoltà a rivestire il nuovo ruolo “paterno” il fatto che Beppe sia un comico, nemmeno eccelso. In fin dei conti il suo predecessore, quando non era costretto a viaggiare fino a Teano per incontrare Gallibbardo (Peppino anche quello), si dedicava con entusiasmo alla nobile arte del fottisterio! Ora sembra che abbia deciso di uscire allo scoperto e, prima di partire, ha messo in chiaro chi deve essere il capo nazionale del movimento stellare, quali sono le alleanze consentite e chi è legittimato a far parte del governo italiano. Peccato non ci abbia ancora rivelato che fine dovranno fare l’Ilva e Alitalia. Nessuno lo sa, fra le controfigure al governo. Non Conte, non Di Maio, non Zingaretti (scusate, lui al governo non figura) e men che meno il ministro dell’industria. Non mi chiedete se in Italia c’è ancora un tal ministro: ho appena controllato su Wikipedia e ho appreso che ora si chiama ministro dello sviluppo economico ed è un certo Stefano Patuanelli (cinque stelle), subentrato il cinque settembre ultimo scorso a Luigi Di Maio. Le mie indagini mi hanno permesso di stabilire che il ministro non sta con le mani in mano: ha inventato il “Bonus tv”, un’agevolazione (fino a cinquanta euro) concessa ai meno abbienti “per l’acquisto di tv e decoder idonei alla ricezione di programmi televisivi con i nuovi standard trasmissivi (DVBT-2/HEVC) che diventeranno operativi a partire dal 2022”. Affrettatevi quindi, felici fruitori del reddito di cittadinanza: potrete ottenerlo a partire dal 18 dicembre 2019 e fino al 31 dicembre 2022. Lo so, lo so: qualcuno mi dirà che dovrei occuparmi di cose serie. Quel qualcuno evidentemente non sa che, ormai, in Italia ci sono cose orribili, cose tragiche, cose drammatiche, cose da pazzi, ma non ci sono più, assolutamente non più, cose serie. Chiediamoci allora quale potrà essere la qualifica ufficiale del nuovo Padre della Patria. Troppo banale farne un capo dello stato o del governo. Forse in quel di Pechino avrà trovato l’ispirazione:  potremmo chiamarlo, ad esempio, il “Grande Timoniere”. Potrebbe, anche, seguire l’esempio del cardinale Richelieu e rimanere, formalmente, il comandante in seconda. Certo, la politically correctness gli impedirà di essere il secondo “Duce”.