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Tra il Pd e i Cinquestelle l’alleanza è ormai finita

Opinionista: 

Era inevitabile. L’alleanza tra il Pd e i Cinquestelle si sta sbriciolando a tutto vantaggio della maggioranza di centrodestra che, pur piena di problemi al proprio interno, si trova a competere con un’opposizione estremamente fragile e non più unitaria. La causa prossima di una rottura che sembra ormai irreversibile, è costituita dal “caso Bari”, vale a dire dall’istituzione di una commissione d’inchiesta che dovrà indagare sulle infiltrazioni mafiose che condizionerebbero la vita del Comune del capoluogo pugliese guidato dal Pd. Luigi Conte, leader dei pentastellati, ha formalmente annunciato che il suo partito non è intenzionato e rinnovare a Bari l’alleanza con il Pd in vista delle elezioni in programma a breve, delle quali ha chiesto il rinvio. Inoltre, ha posto al Pd una sere di condizioni tra le quali, in primo luogo, la rimozione dei dirigenti “storici” che Conte chiama “i capibastone”. Ricucire lo strappo appare quantomai difficile perché la vicenda barese non è che l’epilogo di una dissonanza profonda tra il movimento di Conte e i militanti del Pd. Come avevano fatto i suoi predecessori, Nicola Zingaretti e Enrico Letta, anche la Schlein ha puntato le sue carte sull’alleanza con Conte non gradita dalla base del partito e dai “vecchi saggi”. Si è trattato di un errore da parte della Schlein perché in tal modo la segretaria del Pd è venuta meno a quelli che avrebbero dovuto essere i suoi compiti: riportare all’unità il partito profondamente disgregato e dare ad esso una identità. La mancanza di unità e di identità sono state le ragioni più autentiche degli insuccessi elettorali subiti dal Pd nelle ultime elezioni. Ora è lecito chiedersi che cosa accadrà se nelle Europee e nelle Regionali prossime venture i pentastellati dovessero riuscire a superare i consensi del Pd e divenire il primo partito dell’opposizione? Per quanto furbo, Conte non sembra rendersi conto che facendo venir meno il cosiddetto campo largo, la maggioranza di centro destra continuerebbe a prevalere. Proprio su questo, del resto, fanno affidamento la Meloni e la sua coalizione: sulla debolezza di un’opposizione che, presa da mille beghe e da mille ambizioni mal represse, non può aspirare a sostituire il centrodestra nella guida del paese.