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Come il conte Ugolino il Pd divora i suoi figli

Opinionista: 

Per il futuro politico di Giuseppe Conte s'annunciano tempi difficili. Non perché egli non abbia assolto "con la diligenza del buon padre di famiglia", come si direbbe con linguaggio giuridico, le attuali drammatiche circostanze. Anzi, stando a quel termometro della nostra vita politica che sono diventati i sondaggi, tre italiani su quattro (e si tratta di un vero e proprio record) sembra ne apprezzino l'operato. Ma proprio qui è, se così possiamo definirlo, il suo punto debole. Ci spieghiamo. Negli ultimi giorni è apparso con crescente evidenza, che il maggior partito della coalizione di governo che, di fatto, è il Pd anche se, formalmente, è il Movimento Cinquestelle che ha il maggior numero di parlamentari, non condivide l'operato del presidente del Consiglio. Per rimarcarlo sono scesi in campo tutti i personaggi di maggior spicco del partito, persino quel Romano Prodi che, quando si tratta di impegnarsi in prima persona, è sempre pronto a rivendicare il proprio ruolo di Cincinnato, ma non rinuncia a distribuire le sue punture di spillo. Motivo del contendere è l'adesione dell'Italia al Mes, il cosiddetto fondo salva Stati, avversato da Conte, (che, tuttavia, è stato costretto a mitigare, almeno in parte, la propria ostilità nei confronti di questa soluzione) per il quale la via da perseguire è quella degli eurobond. Questo dissidio ha prodotto ore di autentica tensione e dimostra che l'insofferenza del Pd per Conte sta raggiungendo il massimo livello. Si tratta, in sostanza, di una sorta di "deja vu" poiché il "fuoco amico" dei democratici non ha già esitato, in passato, a colpire Matteo Renzi (che sorprendentemente, peraltro, si è ora aggregato ai sostenitori del presidente del Consiglio) proprio nel momento in cui questi godeva del massimo favore popolare. Il pretesto per "distruggere" Renzi fu la riforma costituzionale che, pur contenendo elementi indubbiamente positivi, fu oggetto di un'avversa campagna mediatica. I contestatori di Conte si muovono, ora, su due fronti: da un lato contestano la politica europea del governo, dall'altro rimproverano al capo dell'esecutivo, una gestione troppo autoritaria e personalistica della lotta al virus. Accade così che, pur di mettere Conte con le spalle al muro, il Pd si trovi a condividere le posizioni dei tre partiti dell'opposizione. Dario Franceschini, capo della delegazione democratica al governo, ha tenuto a precisare che il suo partito non ha intenzione di aprire in questo momento una crisi di governo che (sia detto in tutta chiarezza) costituirebbe, nel pieno della lotta contro il Coronavirus, un'autentica follia, ma è evidente che il Pd ha messo nel mirino Conte, pronto a farlo cadere a scadenza più o meno ravvicinata. Si conferma, in tal modo, se ci è consentito il paragone dantesco,la tendenza del Pd a rivestire i panni del Conte Ugolino che divorava i suoi figli. Così è accaduto al Pd con un figlio biologico (Renzi) e rischia di accadere con un figlio adottivo (Conte). E potremmo anche, tornando ulteriormente indietro, risalire a Romano Prodi al quale non venne riservato trattamento migliore. A Matteo Salvini e a Giorgia Meloni non rimane, dunque, che stare a guardare e ringraziare.