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De Luca è un’opera d’arte contemporanea

Opinionista: 

Il virus monarchico sembra in ritirata, o almeno in pausa. Alcuni sostengono che l’infiacchimento del nostro letale nemico sia dovuto alla lettura accurata dei decreti e delle ordinanze promanate dal Governo e dalle Regioni che, messi in fila, sviluppano alcune decine di chilometri di parole, rimandi legislativi e oscure espressioni. Per gli umani, l’uscita dal lockdown rappresenta poi una sfida ancora più ardua, non solo per la difficile tenuta del popolo della movida, ma anche per la valanga di opinioni e pareri che esperti, politici e amministratori si affannano a recitare e mettere in circolo nella giostra mediatica che affligge le nostre giornate. Mascherine, distanze, tamponi, tracciamenti, terapie: un rompicapo che nemmeno il signor Einstein riuscirebbe a tradurre in formule affidabili, garantendo chiarezza a cittadini ignari, frastornati e bombardati da messaggi. Regna l’incertezza. In tutti tranne che in uno, il caro leader della Regione Campania. Il quale sostiene, insieme ad alcuni suoi colleghi, che il voto non è contagioso e bisogna anticiparlo al 26 luglio, festa di Sant’Anna. Il ministro dell’Interno insiste per accorpare elezioni amministrative, regionali e referendum al 20 settembre, quando la situazione sanitaria sarà stabilizzata e certamente il caldo ancora prevarrà (a meno di impreviste glaciazioni). Ma lui, forte del successo conseguito perfino in Giappone e Sud-Est asiatico si agita come un samurai, il Toshiro Mifune di Salerno. Fino a qualche mese fa la sua candidatura al secondo mandato di governatore era addirittura a rischio. Dentro e fuori la coalizione di governo si cercavano soluzioni alternative, mentre il centro destra affilava le armi per una campagna elettorale aggressiva, accontentandosi perfino di proporre il mite Caldoro, appena ripescato da “Chi l’ha visto”. Poi la tragedia del Coronavirus, e l’impennata di popolarità che ha accompagnato le esternazioni del Presidente, hanno rovesciato ogni previsione politica e il De Luca 2 sembra profilarsi come una soluzione assai probabile. Purché non si vada troppo in avanti nel tempo, e gli elettori, recandosi alle urne, non smarriscano il ricordo delle fantastiche galoppate retoriche dell’uomo che non si arrese a Conte, mandò a quel Paese il governatore lombardo, seppe perfino tenere a bada quel mito catodico di Bruno Vespa. All’orizzonte sembrano però profilarsi candidature preoccupanti. Non tanto nel campo opposto, ma addirittura in quello amico. Bisogna fare presto, allora, prima che la memoria a breve termine cancelli negli elettori le immagini del leader che sfidò la pandemia, sostenne pensionati e disoccupati (sottraendo risorse agli investimenti), realizzò ospedali e strutture d’emergenza in buona parte inutilizzati, presidiò il territorio fisico e istituzionale, ci regalò battute e situazioni a volte esilaranti. Il principe di Arechi, sia detto con tutto il rispetto, è il primo politico iper-realista della storia nazionale; la sua immagine supera ogni limitazione e buca lo schermo. Lui è, di fatto, un’opera d’arte contemporanea. Che ha bisogno di un pubblico costantemente attento. Accidenti, però: i campani – e i napoletani in particolare – sono gente che si distrae facilmente. Al voto, al voto!