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Draghi, un Governo a doppio livello

Opinionista: 

Credo sia giunto il momento che si possa dare un primo giudizio su Draghi e il suo sgangherato governo. Se già qualcuno dei ministri (non faccio nomi per carità di patria) evidenzia seri problemi di analfabetismo di ritorno, ancora peggio appare la lista dei sottosegretari. Ma non tocca a noi dare giudizi e nemmeno suggerirli, giacché ognuno può farlo come vuole. Preoccupa piuttosto la scelta, per così dire, selettiva operata dal presidente del consiglio che punta tutto sui dicasteri chiave: economia e finanze, innovazione tecnologica e transizione digitale, pubblica amministrazione, sviluppo economico, salute. Insomma, come da più parti è stato sottolineato, siamo di fronte a due livelli di governo: quello dei ministerichiave affidati da Draghi a uomini e personalità di sua fiducia e uno lasciato ai partiti e distribuiti secondo l’intramontabile sistema Cencelli, dove prevale la logica della spartizione tra i partiti sulla qualità e soprattutto la competenza. Abbiamo così, io credo, toccato il limite, andando ad ingrossare la fila ormai nutrita di politici, chiamati a governare, che ignorano grammatica, storia, geografia, economia. Crescono così gli interrogativi, a partire da quello primario: durerà un governo a doppio livello e, dato ancor più stringente, caratterizzato da un bipolarismo accuratamente nascosto sotto il tappeto e pronto però ad emergere alla prima occasione? Certo non sono stati e non saranno pochi coloro che guardano e guarderanno con favore alle politiche economiche e sociali del governo Draghi. E tuttavia non possiamo certo buttare alle nostre spalle i meriti del governo Conte che di certo, pur tra momenti di indecisione e di mancato raccordo tra regioni e governo, ha affrontato una situazione terribile e fronteggiato, d’intesa col ministro Speranza, non a caso riconfermato da Draghi, l’invasione del Covid, e che solo una volgare e ignobile congiura di palazzo, fatta passare per dissensi sul Recovery fund, orchestrata da Renzi, ha costretto alle dimissioni. Certo è che ora la manovra economica in atto vede tra i protagonisti di primo piano ministri tecnici e politici di provata fede confindustriale ai quali è affidata la gestione dei fondi europei. Forse è troppo presto per giudicare Draghi e il suo governo. Certo è che le premesse non sembrano sinora garantire –anzi lo smantellano– un percorso che con coraggio aveva intrapreso Conte con il suo governo, quando aveva garantito una serie di provvedimenti anche finanziari alle fasce più deboli della società. Non certo un rivoluzionario o un estremista di sinistra (già, ma dov’è finita la sinistra in Italia?) ma un serio e illustre giurista, Gustavo Zagrebelsky, ha così concluso un suo articolo su “Repubblica”. “Chi saluta con gioia i governi del Presidente o i governi dei migliori e chi vede con soddisfazione i partiti politici rallegrarsi insipientemente per essere stati messi “in buone mani” lavora a favore di un cambio di paradigma costituzionale: la sostituzione del “basso” con un “alto”, il che non è buona cosa per la democrazia ma è ottima per l’oligarchia”.