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Due Regioni al voto più in rete che in piazza

Opinionista: 

I tempi della politica sono “nuovi” proprio perché sono “diversi”. Come non ricordare che, fino a qualche decennio fa, i cittadini (elettori e votanti) si incontravano nelle piazze e strade principali di città e Comuni? Erano contatti diretti che, nella loro fisicità e presenza, esprimevano l’interesse collettivo a seguire da vicino - e a sentire dalla viva voce dei candidati - riflessioni, assunzione di impegni, proposte programmatiche. Poi, via via, i partiti hanno ripiegato sulle mega cene elettorali. Si selezionavano gli invitati: quindi platea addomesticata, senza contestazioni. Si attrezzarono mega sale (alberghi, ristoranti) capaci di accogliere più di mille persone per volta. Chi vi partecipava era del giro. Sapeva già quello che avrebbe sentito. La presenza era prova di fedeltà cui seguiva l’indicazione delle preferenze da segnare sulla scheda. Erano tempi di “voti di scambio”, di “cordate” e gruppi che si fronteggiavano senza esclusione di colpi dentro lo stesso partito.

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La piazza di De Gasperi. Di “adunate oceaniche” anche l’Italia nata con la Repubblica ne ricorda molte. Due hanno avuto un particolare “sapore”, una al Sud e una al Nord. Il 16 aprile ‘48 Alcide De Gasperi, presidente del Consiglio e leader incontrastato della Dc, è a Napoli. In piazza Plebiscito c’è un palco enorme, così addossato alla Basilica come mai più si è rifatto negli anni successivi, nemmeno quando nella città spopolava Achille Lauro (2 anni prima, al referendum istituzionale gli elettori avevano dato l’80 per cento alla Monarchia). De Gasperi è visibilmente teso. Ancor più quando, dopo poche battute d’inizio, salta l’impianto di diffusione. Dalla sua bocca vicina al microfono esce un’espressione di impazienza sentita da tutta la piazza perché proprio in quel momento il microfono riprendeva a funzionare. Molti hanno riferito d’aver sentito “porca Madonna”. Altri, come avallava la segreteria del partito, ”santa Madonna”. Sta di fatto che, appena si è risentita la sua voce, applausi da stadio hanno sommerso il leader del partito cattolico. I voti di Napoli aiutarono la Dc a raggiungere il 48 per cento.

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La piazza di Berlinguer. Il 16 giugno ‘84 il segretario comunista è in Piazza della Frutta a Padova per chiudere la campagna delle Europee. È una delle fasi più difficili per il partito e per tutta la Sinistra. Berlinguer è da tempo in rotta con la Russia sovietica (aveva proclamato che la spinta propulsiva della Rivoluzione di ottobre si era esaurita). In Italia i rapporti col Psi di Craxi sono molto tesi, specie dopo il naufragio del Governo di Solidarietà nazionale in cui erano entrati, come indipendenti, esponenti indicati dalle “Botteghe oscure” e dopo il taglio della Scala mobile. Nella città veneta Enrico Berlinguer gioca una carta di grande importanza. Davanti a lui una platea (non solo di militanti) molto attenta a ogni passaggio. All’improvviso la sua voce si sente sempre meno fino a cessare del tutto. Momenti di apprensione e angosciosa attesa. Si vede Berlinguer immediatamente sorretto senza dare più segni di vita, mentre un’onda di emozione attraversa la piazza gremita. Alle Europee, per la prima volta il Pci sorpasserà la Dc con il 33 per cento.

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Dalla piazza al web. Pochi, per le Regionali 2020, i palchi e le platee “straripanti di folla”. Invece molto traffico “virtuale” nella contrapposizione fra l’Italia delle “due Emilie” (la rossa dei grandi centri abitati e la verde dei Comuni di provincia) e l’Italia apparentemente monocolore della Calabria. La comunicazione tecnologica non ha avuto rivali tutta concentrata sulla regione settentrionale. Qui i candidati a Presidente hanno camminato per un tratto appaiati, poi si sono divisi: Lucia Borgonzoni registrando 266mila follower e Stefano Bonaccini 170mila. Sommando in rete like, commenti, condivisioni e retweet per post, Matteo Salvini spiazza tutti (si dice che ha “saturato il dibattito”) raggiungendo 6 milioni con una valanga di selfie (la mania di farsi fotografare inguaia un militante della Cgil sorpreso accanto al capo leghista mentre per il suo ufficio figurava ammalato); Giorgia Meloni arriva a 235mila contatti, Luigi Di Maio 88mila, Nicola Zingaretti (molto defilato nel giro elettorale) 31mila. Nella Bologna “dotta e grassa” il cibo diventa, per il leader della Lega, un manifesto elettorale: si esibisce mentre prepara i cappelletti in brodo e divora il Parmigiano padano. Meno apprezzato, stando ai social, quando citofona a una famiglia e chiede: “Abita qui un noto spacciatore?” La battuta che ne è seguita, l’avrebbe raccontata il premier Conte attribuendola però al Presidente Mattarella: ”Se dopo il voto emiliano Salvini telefona al Quirinale, di sicuro nessuno gli risponderà”.

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Assoluta novità. È quella delle Sardine. Appena nate (14 novembre 2019, ispiratore Romano Prodi?), hanno sùbito conquistato spazio con il leader Mattia Santori. Fuori di senno, un professore di Piacenza ha minacciato i suoi studenti di bocciatura qualora fossero andati in piazza ad ascoltarle.

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Berlusconi sempre “uguale”. Ma lo è, secondo il suo stile, nel modo peggiore. A Tropea presenta la candidata alla Presidenza Jole Santelli e non trova di meglio che dire: “È brava, la conosco da 26 anni e non me l’ha mai data”. Quando finirà questa maledetta patologia del bunga bunga?