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Giorgia Meloni premier Perché sì, perché no

Opinionista: 

Uno dei temi al centro del dibattito politico concerne Giorgia Meloni. Ci si domanda: la leader di Fratelli d'Italia può davvero essere il presidente del Consiglio della prossima legislatura? È stata lei stessa a porre apertamente la sua candidatura in ripetuti interventi televisivi e la sua eventuale nomina - si fa osservare - rappresenterebbe una duplice novità: sarebbe la prima volta che la guida del governo sarebbe affidata a una donna e sempre la prima volta che l'incarico verrebbe assegnato a un esponente della destra. Occorre su questi due punti un chiarimento: la Meloni, a supporto della sua candidatura, sostiene che una donna (come hanno dimostrato Angela Merkel in Germania e Margaret Thatcher in Gran Bretagna) possiede doti superiori all'uomo nel garantire autorevolezza e fermezza, doti indubbiamente necessarie per chi debba presiedere un esecutivo. Qui siamo in presenza - ci sia consentito dirlo - di una sesquipedale sciocchezza come quelle della "parità di genere" e delle cosiddette "quote rosa" che costituiscono un'offesa alle donne perché tendono a relegarle in una sorta di ghetto. L'attribuzione di un incarico e la scelta di una candidatura devono essere determinate dal merito e possono, quindi, essere assegnate ad un uomo o a una donna, indipendentemente dal loro sesso. E in questo ci sembra che consista la parità. Altri criteri sottintendono una discriminazione. Diverso è il discorso sulla possibilità che la guida del governo sia attribuita a un rappresentante della destra. Ogni "conventio ad excludendum" (quella, per intenderci, che venne adottata, nella Prima Repubblica nei confronti del Partito comunista e del Movimento sociale italiano) sarebbe in questo caso assurda e inaccettabile in un corretto sistema democratico. Unico criterio di giudizio - piaccia o non piaccia - deve essere il rispetto della volontà popolare alla quale bisogna far riferimento. Detto questo , non si può non tener conto che alla scelta della Meloni esistono controindicazioni non irrilevanti. Innanzi tutto non ci si può non chiedere se, in una fase così delicata come quella che il nostro paese sta vivendo, non sia fuori luogo rivolgersi a chi non ha esperienza alcuna. Né possono essere passati sotto silenzio la non tacita vocazione sovranista della Meloni e il suo sostanziale antieuropeismo; due elementi che ci porrebbero in contrasto con l'Ue proprio nel momento in cui la solidarietà con i nostri partner si sta rivelando essenziale per rilanciare l'economia che il coronavirus ha così pesantemente depresso. C'è, poi, un altro elemento che occorre tener presente. Non è difficile prevedere che, se la presidenza del Consiglio dovesse andare a Fratelli d'Italia, Salvini e la Lega che hanno sempre sostenuto che, in caso di vittoria elettorale del centrodestra, Palazzo Chigi spetterebbe a loro, renderebbero alla Meloni la vita impossibile. D'altra parte le prime , pesanti avvisaglie di uno scontro di questo tipo si sono fatte sentire con le voci sempre più insistenti di una sorta di federazione tra la Lega e Forza Italia (pressato dai figli che lo vogliono fuori dalle beghe della politica il Cavaliere si starebbe piegando a questa ipotesi) nella quale il Carroccio sembra aver trovato un impensabile alleato. Difficilmente, insomma, la Lega accetterebbe senza reagire, un eventuale premierato della Meloni. Si determinerebbe, quindi, una fase di instabilità, vale a dire dell’ultima cosa della quale l’Italia ha in questo momento bisogno.