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Il cibo ha un rilevante impatto sull’ambiente

Opinionista: 

Una dettagliata analisi dei cambiamenti nei consumi alimentari degli italiani negli ultimi venti anni è stata recentemente pubblicata sulla rivista “Nutrients”, a diffusione internazionale. Da questa ricerca, condotta da un gruppo dell’Università Federico II di Napoli coordinato da Olga Vaccaro e del quale faccio parte insieme con Marilena Vitale e Annalisa Giosuè, si evince che a partire dall’inizio del secolo in Italia si è registrata una preoccupante riduzione del consumo di frutta (- 13%) e verdura (-20%). Nello stesso periodo l’uso degli oli tropicali, come l’olio di palma - ricco di grassi che favoriscono l’aumento del colesterolo - è più che raddoppiato mentre i consumi di grassi animali e di carne bovina, che in quantità eccessiva hanno un impatto sfavorevole sulla salute, sono diminuiti, rispettivamente, del 58% e del 32%. A partire dai cambiamenti dietetici finora registrati, lo studio mette in luce anche verso quali obiettivi indirizzare le abitudini alimentari degli italiani in una prospettiva di promozione della salute e protezione dell’ambiente. Fortunatamente, questi due obiettivi richiedono scelte in larga parte concordanti; purtroppo, però, lo stretto rapporto tra alimentazione ed ecologia non viene adeguatamente considerato nel progettare le strategie per la riduzione del riscaldamento globale. Il cibo ha un rilevante impatto sull’ambiente in quanto produzione agricola, trasformazione industriale e trasporto degli alimenti non solo danno un grosso contributo alla produzione di anidride carbonica - circa il 30% del totale delle emissioni - ma concorrono anche al consumo di acqua e di suolo, assottigliando la portata dei corsi d’acqua e sottraendo territori ai boschi e alle foreste. Tra gli altri danni ambientali, la deforestazione contribuisce alla diffusione dei virus - tra questi il Coronavirus - dalla fauna selvatica agli animali di allevamento e da questi all’uomo. Tuttavia, non tutti gli alimenti hanno uguale impatto sull’ecosistema; infatti, la produzione di cibo di origine animale utilizza una maggiore quantità di risorse ambientali e determina una più elevata produzione di gas serra (fino a trenta volte) rispetto agli alimenti vegetali. E allora, che fare? Per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità nutrizionale e ambientale proposti dalla Fao occorre una più marcata riduzione del consumo di carne rossa e salumi, di grassi animali, di formaggi, di zucchero e bevande zuccherate, mentre andrebbe incrementato l’utilizzo di legumi, ortaggi, frutta e frutta secca. Inoltre, occorrerebbe ridurre l’uso del sale non solo nel cibo casalingo e a livello di produzione industriale e sostituire almeno la metà degli alimenti raffinati a base di cereali con quelli integrali. Queste modifiche dei comportamenti sarebbero in grado di ridurre drasticamente malattie invalidanti quali l’infarto, l’ictus, il diabete e il cancro, migliorando l’aspettativa di vita e la sua qualità. Le scorrette abitudini dietetiche rappresentano la terza causa di morte e invalidità per la popolazione italiana. Modificarle porterebbe anche un notevole contributo alla salute del pianeta grazie a un risparmio annuo pro capite nell’emissione di anidride carbonica pari a 725 Kg, che corrisponde all’incirca alla quantità prodotta da un’auto di media cilindrata per percorrere 4000 Km (Napoli-Copenaghen e ritorno). Tra le diverse scelte alimentari, quella con maggiori benefici per l’ambiente è la riduzione del consumo di carne rossa a una porzione alla settimana, che sarebbe in grado di indurre una diminuzione del 31% della produzione di anidride carbonica - circa la metà del risparmio prodotto dalle modifiche della dieta nella loro globalità. Tale obiettivo sarebbe particolarmente rilevante per la popolazione campana che, per la carne bovina, suina e i salumi, registra consumi più elevati della media italiana Le informazioni fornite da questo studio sono un importante punto di partenza per la promozione di interventi sull’intera filiera di produzione e distribuzione degli alimenti volti all’ampliamento della disponibilità e dell’accessibilità - soprattutto in relazione al prezzo - di prodotti alimentari con un impatto più favorevole sulla salute e sull’ambiente.