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Il Covid che impazza e il ritorno alla ragione

Opinionista: 

Dopo settimane di attesa i provvedimenti decisivi per limitare e possibilmente sconfiggere l’epidemia, sono stati presi. Ancora poche ore e verranno adottati. Finisce così, davanti a migliaia di contagiati e centinaia di morti, la follia secondo la quale la priorità della salvaguardia dell’economia avrebbe dovuto giustificare qualsiasi apertura, concessione e libertà, mentre il Coronavirus impazza senza freni. Non solo l’Italia è stata “contagiata” da questo morbo demenziale per il quale la vita avrebbe un valore relativo, senza che nessuno si chiedesse che cosa accadrebbe se, dopo una apocalisse dalle dimensioni terrificanti, in che modo potremmo baloccarci con il Pil e tassi di ricchezza rassicuranti. Anche altri Paesi europei ed occidentali si sono allineati a questa sorta di mercatismo totalitario per il quale le ragioni della produzione verrebbero prima di ogni cosa, a cominciare dalla salute. La tragedia ( che nei limiti in cui la stiamo vivendo forse si poteva evitare) ha aperto gli occhi sul baratro a governanti e pressappochisti facendoli decidere per un ritorno alla ragione prima che la pandemia allunghi i propri tentacoli al punto di non poter immaginare un ritorno alla normalità, ritorno per il quale bisognerà attendere comunque non poco tempo e di certo non mangeremo il panettone in letizia con amici e parenti il prossimo Natale. Certo, i sacrifici che ci vengono richiesti sono imponenti. Già i minilockdown hanno lasciato una scia di tristezza nelle nostre vite, figuriamoci quel che ci attende con chiusure pressoché generalizzate e soprattutto la paura che si va diffondendo a fronte di notizie per niente rassicuranti soprattutto in alcune regioni. Questa ennesima scarica di adrenalina collettiva probabilmente si poteva evitare se si fosse agito tempestivamente e con discernimento. Ai primi segni che la fine dell’estate più folle mostrava, si sarebbe dovuto procedere all’adozione di misure drastiche intervenendo soprattutto in quei settori nei quali la diffusione del virus era prevedibilmente più facile: le scuole e i trasporti. Sulle prime abbiamo riso amaramente alle macchiette governative sui banchi con le rotelle e similari balocchi costati milioni di euro; sui secondi siamo rimasti sconcertati dalla pochezza con la quale è stato rimosso, pur retoricamente ribadendolo, il principio del distanziamento, mentre si sarebbe dovuto pensare per tempo, nei precedenti sei mesi, a potenziare i mezzi pubblici evitando le calche che con sconcerto vediamo formarsi alle fermate degli autobus e delle metropolitane, entrambi inevitabilmente stipati come scatole di sardine. E all’uscita delle scuole lo spettacolo offerto da veri e propri assembramenti non ci faceva intuire niente di buono. Ci siamo chiesti se non era il caso di rinviare di almeno un mese l’apertura delle scuole ed ovviamente posticiparne la fine, ma l’idea non è venuta a nessuno e l’anno scolastico è fatalmente compromesso se non del tutto perduto. Immaginiamo che la timidezza nell’approccio della lotta alla pandemia da parte delle autorità che si sono palleggiate Dpcm e provvedimenti regionali come se fosse una guerra di poteri, sia stata sostenuta dalla paura di una pubblica opinione inferocita, ma incapace di capire i termini della tragedia che si andava profilando e dalle solite lobbies economico-finanziarie che l’hanno buttata sulla inevitabile decadenza del Paese qualora fossero state emanate norme restrittive di contenimento. Si sono perduti due mesi. Ora ci siamo lo stesso. Gli ottimisti ed i negazionisti tacciono. A chi vendono i loro prodotti se la popolazione è in ginocchio e davvero pensano che si possano ancora fare affari tenendo aperti locali pubblici, a cominciare da cinema e teatri dove già non andava nessuno, o lasciando scorrazzare vagabondi notturni appostati in baretti che sembrano tane per gustarsi, si fa per dire, ore di stupida felicità? Si è ripetuto alla fine dell’estate ciò che era iniziato nella scorsa primavera quando il “libera tutti” era parso così eccitante da travolgere distanziamenti balneari e aprire in grande stile discoteche e locali notturni deputati proprio all’assembramento to programmato. Incuranti dei primi segnali di rinvigorimento del virus, si è proceduto da parte del governo con pannicelli caldi quando invece la sferzata di provvedimenti efficaci andava presa subito. Tutte le classi dirigenti europee, in verità, hanno mostrato una cecità inimmaginabile. E poi, tanto perché non ci mancasse niente, virologi, immunologi, scienziati di varia caratura hanno dato il peggio (anche esteticamente) di se stessi giocando ai primi della classe davanti a milioni di spettatori attoniti nel subire le loro performance di puntuti esegeti della pandemia. Adesso la paura sembra mettere tutti d’accordo. Perfino l’opposizione politica sembra più morbida, ma guai a parlarle di unità con la maggioranza nell’assumere decisioni: motiva il suo rifiuto con ragioni risibili, facendo la sdegnosa per non essere stata consultata per tempo. Ma il tempo è inesorabilmente scaduto. E chi vuole coltivi pure il proprio orticello. Con l’augurio che abbia il modo per raccoglierne i frutti. A noi, che assistiamo sgomenti alla più tragica delle pantomima del dopoguerra, non ci resta che attendere e sperare. In tante cose, ma soprattutto nel ritorno alla ragione da parte di tutti ed in particolare di chi è preposto a governare i nostri destini.