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Il decreto che serve per evitare il collasso

Opinionista: 

È tutto pronto per la crisi. Solo che non sarà del Governo, ma degli italiani. A certificarlo sono i numeri. Uno su tutti: a partire da maggio 2018, quando cioè si è capito che Salvini si sarebbe assunto la responsabilità di portare i grillini a palazzo Chigi, in 9 mesi abbiamo perso 171mila occupati (ultimo dato Istat di febbraio). Il tempo delle chiacchiere è finito.

Siamo in recessione e, nella migliore delle ipotesi, il 2019 sarà a crescita zero o zero virgola. Lo ha dovuto ammettere (benvenuto) anche il ministro dell’Economia, Tria, che per questo si è beccato le contumelie di Salvini e Di Maio ed è stato sottoposto ad un indegno killeraggio personale e familiare.

Dopo aver accelerato la crisi in atto, prevedendo di sperperare oltre 44 miliardi a debito nei prossimi 3 anni in misure improduttive - reddito di cittadinanza e quota 100 - e scaricando sul prossimo biennio oltre 50 miliardi di aumenti Iva, Lega e M5S ora pensano di correre ai ripari con un paio di decreti che al massimo potranno essere pannicelli caldi. Decretini.

Giunti a questo punto, è giusto chiedersi ciò che è necessario per evitare il collasso.

La prima cosa da fare è fermare la spirale assassina dell’aumento del debito pubblico. Tra le ragioni principali che in questi mesi hanno portato alla caduta dell'occupazione, infatti, c’è il timore dei decisori economici, dentro e fuori dall’Italia, che il nostro debito si stia incamminando ormai su una china inarrestabile. In effetti è difficile dargli torto, visto che la massa debitoria sta aumentando a un ritmo doppio rispetto all’immediato passato. Intervenire è urgente, perché il crollo della fiducia verso la Nazione ha avuto come conseguenza il crollo degli investimenti privati e il rialzo del costo del credito. 

La seconda cosa da fare, invece, riguarda i tagli alla spesa pubblica che dovremo realizzare se vorremo immaginare una strategia per far ripartire l’economia. Se anche fermassimo la corsa del debito, infatti, ciò non basterebbe a rimettere in moto il motore. Sul fronte sviluppista è necessaria una manovra choc: tagli di tasse massicci in cambio di tagli alla spesa. Con decisioni drastiche. Per farla breve: abolizione immediata del bonus Renzi degli 80 euro, forte riduzione dei fondi perduti e taglio radicale del capitolo acquisti di beni e servizi della Pa. Si tratta di tre mosse in grado di portare circa 30 miliardi di risparmi annui immediati e strutturali senza fare un euro di deficit e senza toccare la spesa sociale. Con un altro Governo, a queste risorse andrebbero aggiunte l’abolizione del reddito di cittadinanza e di quota 100: in tal modo, nel triennio 2019-21 avremmo oltre 134 miliardi a disposizione. Soldi con i quali potremmo impedire gli aumenti dell’Iva previsti dall’Esecutivo Salvini-Di Maio e finanziare la più grande riduzione fiscale su famiglie e imprese della storia d’Italia. Certo, la Lega non voterebbe mai l’abolizione dei prepensionamenti sui quali ha puntato molta parte delle sue fortune elettorali; ma se in cambio ottenesse di fatto una flat tax, che è l’altro suo cavallo di battaglia, forse un pensierino potrebbe farcelo. In ogni caso vale la pena tentare.

Il solo annuncio di una manovra siffatta abbasserebbe drasticamente e in breve tempo i tassi d’interesse che paghiamo sul nostro debito, generando ulteriori risparmi da usare per meno tasse, più investimenti, più crescita, più occupazione e più consumi, riattivando così il circuito del credito alle imprese.

È questo il decreto crescita che serve a salvare l’Italia. Non quello varato dal Governo: un’accozzaglia di misure di piccolo cabotaggio, in gran parte copiate dal Pd, finanziate con pochi spiccioli e che servirà solo a truccare i numeri del Def. Per farlo, però, occorre un altro Governo con chi ci sta. Perché non è più tempo di discutere. Ma di agire.

I coraggiosi si facciano avanti.