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Il nuovo Museo di Coroglio aspetta e continua a sperare

Opinionista: 

Il re Ferdinando II di Borbone autorizzò nel 1854 i fratelli Charles ed Ernest Lefebvre a impiantare sulla spiaggia di Coroglio una fabbrica di prodotti chimici a completamento della industrializzazione del Regno delle Due Sicilie, che già contava le Reali Acciaierie di Mongiana in Calabria, le Seterie di San Leucio (la prima Utopia sociale realizzata nel mondo), i cantieri navali di Castellammare di Stabia, la fabbrica di locomotive di Pietrarsa e le Manifatture ceramiche di Capodimonte. Il polo chimico era costituito da alcuni capannoni per la produzione di vari prodotti chimici, solfati di rame e superfosfati. E dava lavoro a centinaia di operai. I Savoia, subentrati nel 1860, vi aggiunsero la produzione di fertilizzanti per l’agricoltura. Dopo vari passaggi alla Montecatini, alla Montedison e alla Federconsorzi cessò la sua attività nel 1992. Lo stesso anno dello spegnimento dell’Alto forno dell’Ilva e della chiusura della Cementir. Il 1992 fu l’anno della fine delle attività industriali di Bagnoli, sollecitata dal grande meridionalista Francesco Compagna che, d’accordo con altre personalità culturali e politiche locali e nazionali, auspicava il ripristino delle attività termali, balneari e turistiche che c’erano prima delle industrie. E prefigurava “La via di Coroglio come la prosecuzione di via Caracciolo e trasformata in qualcosa di simile alla Promenade des Anglais di Nizza”. Nei 1993 la Fondazione Idis ottenne dalla Regione Campania e dallo Stato i fondi necessari per acquistare i capannoni del polo chimico nei quali diede vita alla Città della Scienza, una importante struttura muliticulturale, che aveva mosso i primi passi alla Mostra d’Oltremare come “Futuro Remoto”. E in uno di questi capannoni l’Idis organizzò un grande Museo, che nella notte del 4 marzo 2013 fu distrutto da un incendio doloso. Ma un anno dopo fu deciso di ricostruirlo “dov’era e com’era” da un Accordo di Programma firmato dal presidente della Regione Campania Stefano Caldoro, dal sindaco di Napoli Luigi de Magistris, dal presidente dell’Idis Vittorio Silvestrini e da vari ministri del governo Renzi. Un accordo duramente contestato dal mondo culturale e ambientalista cittadino e nazionale perché in contrasto con la legge 582/96 che prescrive “il ripristino in tempi brevi della morfologia naturale della costa di Bagnoli con eliminazione di tutto quanto l’ha alterata“. Un accordo che costrinse il prof. Tomaso Montanari a dimettersi in segno di protesta da consulente del sindaco di Napoli. E che contestai nell’articolo “Quest’accordo non s’ha da fare” che indusse l’assessore alla Cultura Nino Daniele a chiedere un parere di legittimità all’avvocatura comunale (non si è mai saputo se e cosa gli hanno risposto). In quel clima di polemiche fu bandito un concorso internazionale di idee del nuovo Museo, finanziato, chissà perché, dall’InarCassa e il 7 luglio 2015 il progetto vincitore fu presentato a Bagnoli alla presenza del presidente della Regione Vincenzo De Luca, del ministro Graziano Del Rio, del presidente della Città della Scienza e di altre personalità cittadine. Fu detto che sarebbe stato ultimato nel 2018: “Un Museo con una spiaggia, tre aree tematiche, l'officina dei piccoli, un museo permanente, terrazza sul mare, ristorante e teatro. Uno Smart Building che di notte si accende come una lanterna”. Alla fine della lunga e accesa polemica fu deciso saggiamente di realizzare il nuovo Museo accanto agli altri edifici della Città della Scienza, nella zona a monte di via Coroglio. In attesa da 25 anni che venga rimossa la famigerata colmata, con la contemporanea bonifica dei fondali marini (Quousque tandem abutere patientia nostra,?) riteniamo doveroso che il Commissario di governo e Invitalia (il sindaco de Magistris ha rinunciato nel 2014 a occuparsi di Bagnoli) dispongano la immediata demolizione degli inutili ex capannoni del polo chimico, per liberare la spiaggia di Coroglio da questi ingombri. Sarebbe un segno che a Bagnoli qualcosa si muove. Finalmente.