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Il premier ha sbagliato a fare il “primo ministro”

Opinionista: 

Oggi si può dire, anzi bisogna dirlo con forza, nel mezzo di una tribolata legislatura, nonostante promesse, proclami di rivoluzionare il Paese, l’unica riforma, andata in porto, senza né patti della crostata né bicamerali, se l’è fatta Conte, da solo, non facendo il premier ma il“primo ministro”. La sua smodata brama di potere, che lo ha tradito ed è nociva per il Paese, manifestatasi già pochi mesi dopo il varo del governo M5S-Lega con i suoi memorabili fuori-onda di maldicenze confidate alla Merkel sul conto del suo vicepremier Salvini, ha avuto poi campo libero con il governo ribaltone M5S-Pd. Da allora non solo ha accentrato tutto su di sé, mirando al ripristino di uno Stato padrone vorace, per meglio controllare le leve del potere, ma ha spesso umiliato il valore fondamentale della collegialità di cui un premier deve essere la sintesi non l’affossatore. L’ambizione gli ha fatto snaturare il suo ruolo. I patri costituenti, nel timore che potessero capitare tracimazioni del genere bandirono nel loro lessico addirittura la definizione di “primo ministro”, evocante “ere” pericolose. Tutto ciò ha alimentato il culto della personalità nel primo canale della Tv pubblica con una informazione compiacente su ogni suo atto, anche il più banale. La insostenibilità da uomo solo al comando e al telecomando nei vari notiziari ha toccato la sua peggiore escalation da quando il Vurus canaglia ha cominciato a colpire mortalmente. In un momento, così drammatico, in cui doveva puntare tutto sulla Protezione Civile, ha fatto molto altro di imperdonabile. Il premier- primo ministro si è autonominato “speaker” di un esercito che non c’era, mentre il Virus avanzava. Se in questo snodo cruciale tra le tante procure d’Italia a una soltanto balenasse in mente l’auspicabile idea di accertare perché è stata emarginata la Protezione Civile, ci si potrebbe rendere seriamente conto delle negligenze che stanno affliggendo da mesi il nostro Paese. Il marasma odierno sanitario e organizzativo si sarebbe potuto scongiurare, se fosse rimasta in piedi la Protezione civile. Ma il primo a demolirla fu il senatore a vita e premier Monti. Il quale, dopo aver pensato alla sua sicurezza, con la nomina senatoriale posta come condizione per accettare l’incarico, si dimenticò della sicurezza più importante, del Paese. Poi venne Renzi il “rottamatore”, che la commissariò con il piglio decisionista- autolesionista alla base poi dei suoi exploit: dal 40% dei consensi all’attuale 3,2%. Il resto lo ha combinato Conte uno e bis. Carta canta. Agl’inizi del febbraio del 2018 un decreto legislativo diede il via al riordino della Protezione civile, ma i due governi Conte non ne hanno mai programmato un effettivo riordino, pur sapendo che la nostra penisola è esposta a emergenze di varia natura. Con una tale “disarmata Brancaleone & affini” era inconcepibile fronteggiare un virus cosi canaglia. Al narcisismo ben noto del presidente del Consiglio, è stato molto più a cuore badare al proprio gradimento che ad altro. Da quando è scoppiata la pandemia, con videate a catena, si è conquistato soltanto il titolo di “tronista” politico. In un Paese che vide i padri della Costituente d’accordo nel bandire il titolo di “primo ministro” dalla nostra Costituzione, ripristinato da un “avvocato del popolo”, che si sta comportando come se lo fosse, incurante di ogni altro apporto , ciò dà la misura dell’odierno Il premier ha sbagliato a fare il “primo ministro”.