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È indebolita e corrosa la mitologia dell’America

Opinionista: 

Mai come era avvenuto in passato, era stata messa così clamorosamente sotto attacco la democrazia americana e chi si illude che la crisi così clamorosamente esplosa con l’assalto vandalico e omicida al Campidoglio sede del parlamento, possa essere sanata dalla cacciata di Trump dalla Casa Bianca, mostra di non aver compreso quanto essa sia radicata nella storia americana degli ultimi decenni. Molti dimenticano le polemiche che accompagnarono non poche elezioni presidenziali, a partire da quella di Clinton, ognuna delle quali ha inferto colpi letali alla democrazia americana, spesso salvata in extremis da interventi della Corte Suprema. I prossimi giorni che ci separano dall’insediamento del presidente Biden devono essere caratterizzati dal massimo di attenzione e di prontezza oltre che di massima severità nella risposta ad eventuali mosse liberticide di Trump provocate anche dalla progressiva presa di distanza del vicepresidente Pence e dal leader dei repubblicani in senato McConnell. Ma, una volta passata la fase acuta della tempesta scatenata dall’incitamento alla ribellione da parte di Trump (anche se forse sarebbe il caso di attivare quanto disposto dal XXV emendamento e cioè la destituzione di un presidente che riveli gravi incapacità nel governare il paese) bisognerà prendere atto di un dato inaggirabile: i 70 milioni di voti per Trump. Il che significa un’America spaccata in due: democratici liberali e socialisti da un lato e suprematisti bianchi amalgamati da un collante che si spera non attecchisca totalmente alla massa elettorale repubblicana e alla sua rappresentanza parlamentare, fortunatamente non tutta ammaliata dal suprematismo razzista e da un’accozzaglia di sigle e di gruppi anche dichiaratamente razzisti e nazisti. Ciò che è necessario e imprescindibile è l’adozione di una linea comune che impegni Biden e il suo partito e non mi sembra che sia stata finora ben visibile. Da un lato, l’appello del presidente eletto a sanare le ferite inferte alla democrazia (e al mito traballante degli Stati Uniti come patria della democrazia). Dall’altro la tattica ormai chiara di Trump di arrivare al 20 gennaio evitando l’impeachment, il che potrebbe avere come conseguenza l’impossibilità di candidarsi nel 2024. Credo infine che si possa dire quanto sia ormai indebolita e corrosa la mitologia dell’America “trincea della democrazia”. Il tentato colpo di Stato – perché di questo si tratta senza alcun dubbio – è stato alimentato da un perverso rapporto con i seguaci del suprematismo bianco e dei movimenti secessionisti, razzisti, e dichiaratamente nazisti, che Trump ha tessuto sin dall’inizio del suo mandato e che ha contribuito ad alimentare sempre di più, sino a programmare l’attacco al cuore dello Stato democratico. Forse è giunto il momento di smetterla con ogni esagerato ossequio verso l’America patria della democrazia e di porre fine ad una sorta di complesso di inferiorità. Non ho dubbi: preferisco il sistema parlamentare europeo, malgrado i suoi difetti e le sue continue crisi, che però resiste e periodicamente si adegua alle trasformazioni della società, nel rispetto delle regole democratiche. Sono sempre di più convinto della giustezza e della solidità che ancora oggi ha la definizione che della democrazia ha dato Norberto Bobbio: “Per democrazia si è venuto sempre più intendendo un metodo o un insieme di regole procedurali per la costituzione del governo e per la formazione delle decisioni politiche (cioè per le decisioni vincolanti per tutta la comunità) più che una determinata ideologia”.