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La frode del progresso a scartamento ridotto

Opinionista: 

Nel 1873, a Molfetta, pochi chilometri da Andria, e a 13 anni dallo sbarco dei Mille di Garibaldi da Nizza, nasceva Gaetano Salvemini, che a proposito di un episodio della sua adolescenza così scriveva: “nel vagone che ci che ci conduceva verso Bari, c'eravamo mia madre, io... un piemontese, figlio di un capostazione, e un altro settentrionale...”, il piemontese invidiava all'altro il suo ritorno al Nord, invece di restare là al Sud, dove c’era “aria cattiva, acqua pessima, dialetto incomprensibile che par turco, popolazione ignorante, superstiziosa, barbara...”, e Salvemini ricordava ancora il dolore del pizzicotto dato dalla madre per impedirgli di controbattere! È incredibile, per certi versi imbarazzante, come a distanza di quasi 150 anni da allora, oggi nell'Italia di Berlusconi e di Renzi, in una regione che ha “goduto del buon governo di Forza Italia prima e dell'ineffabile Vendola poi” possa sopravvivere un rugginoso meccanismo postrisorgimentale che prevede la concessione pseudofeudale di un tratto ferroviario ad una famiglia, con un sistema di controllo di poco più moderno dell'antico sbandieramento e delle torce piriche delle torri di vedetta contro i saraceni. In questa tragica settimana, ritorna un antico adagio che tentiamo sempre di dimenticare, ma che affiora sulle rive della mente, ogni qual volta che eventi così inaccettabili ci confondono e tramortiscono: quanto ha pagato il Sud, e continua a pagare, per la sciagurata annessione coloniale che i Savoia, di origine francese più che italiana, hanno perpetrato a nostro danno: Nizza sarebbe italiana, se non l'avessero venduta ai francesi onde ottenere il loro appoggio per “unificarci”, ed oggi staremmo a piangere due volte. È vero che ancora sopravvivono altre situazioni simili nella rete ferroviaria italiana, ma spesso sono un “orpello turistico e paesaggistico” e comunque, resta innegabile che la disorganizzazione, l’inadeguatezza e il costante pericolo d'insicurezza sono una tragica deficienza tutta meridionale; mai come in questo caso, il significato amplificato di “scartamento ridotto” è tanto calzante per le nostre ferrovie locali. Suonano come macigni le parole del grande meridionalista, sconcertanti nella loro attualità, sulla differenza programmatica e realizzativa delle infrastrutture fra settentrione e meridione, l'organizzazione territoriale della rete ferroviaria, che, sentita come un diritto al progresso nel resto d'Italia, viene considerata poco più di una fastidiosa elemosina, un atto dovuto, non tanto per equanimità nazionale, ma per continuare ad assecondare una struttura verticistica sociale semifeudale allora, preda di gruppi di potere che combinano malaffare e gestione di popolosi bacini elettorali oggi: un latifondismo moderno, dove il ricatto ai contadini per lavorare il fondo con la "iniqua gabella", viene oggi attuato direttamente sull'individuo, che in cambio di una libertà farsesca e di un lavoro, deve sottostare alla gabella dell'anima se non della propria vita. In questo senso, si possono soltanto condividere le parole di Cantone, ma non va sottaciuta l’evidenza che i legami fra potere e malaffare non sembrano fermarsi neanche con questo “nuovo corso rottamatorio” - di cui Cantone, suo malgrado, è “testimonial” - che in alcuni aspetti sembra evocare, con ricostituito tecnicismo ed un volpino upgrade toscano, l'Italia del dopo Mani Pulite. Non vogliamo rinverdire i rimpianti di un evo borbonico, che è stato humus culturale e macchia genetica della nostra storia di servilismo e di abitudine assistenzialista, in cambio della munifica gratifica di “sua signoria”; di una scellerata discendenza di Hidalgos spagnoli che ha usato l'analfabetismo come egemonia della mente delle masse contadine e dei “lazzari” dei rioni napoletani, annebbiandoli con immagini magnifiche di una superba flotta militare e mercantile, con festini piedigrotteschi e con la prima tratta ferroviaria in Italia, la Napoli-Portici, per i nobili che si spostavano nelle dimore estive al seguito della corte, ma la mentalità corsara e l'invasione colonizzatrice dei Savoia è stata una “calata degna dei peggiori lanzichenecchi”. Il nostro presente è rivoltato e sanguinante un po’ ovunque in Europa, assistiamo al contrappasso di un Sud che ammaliato dalle sirene del modernismo industriale, tradì se stesso, riversando tutto le sue energie nelle pianure e nelle fabbriche del nord, disertando le proprie origini territoriali e idiomatiche dalla Puglia alla Calabria, ripudiando l'appartenenza ad una storia millenaria fino a ricreare un virtuale percorso esistenziale vincente... perfino nel calcio, esaltandosi per la squadra del padrone. Ma le suggestioni restano tali, il benessere offerto resta precario e non è bastato tradire le proprie radici per creare una generazione ibrida, perché la rapina continua e qui la vita viaggia ancora su un binario a scartamento ridotto.