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La salute non è solo una questione di numeri

Opinionista: 

L’argomento Sanità sembra diventato un gioco sui numeri e sui tecnicismi di bilancio, che lascia indietro la salute delle persone. Se ne parla tanto, senza un sentimento vero verso l’interesse primario dei cittadini. Lo scontro (consueto) tra Governo e Regioni si è aperto con la finanziaria.  134,7 miliardi stanziati dalla legge di bilancio per il 2024, circa 6 miliardi in più rispetto ai 128,8 miliardi del 2023, sarebbero, secondo gli oppositori, appena sufficienti a coprire l’inflazione; i valori in relazione al PIL dicono che, in realtà, l’impegno finanziario per la sanità rimane fermo al 6,4% (Cfr. ultima relazione Corte dei Conti), ritornando ai valori pre pandemici (Finanziaria 2019). Il confronto tra dati assoluti e dati relativi è senz’altro chiarificatore e aiuta a non rimanere avviluppati nelle spire del malcostume politico, che si esprime in forme opposte ma complementari, che sono di destra o di sinistra a seconda di chi governa e di chi fa opposizione. La maggioranza racconta con enfasi esagerata e con dati grossolani i propri risultati, l’opposizione li smonta dimenticando le proprie responsabilità passate e facendo della manovra una specie di pozzo senza fondo, al quale si attinge ad libitum senza occuparsi delle coperture. Tanto è vero che di malvezzo si tratta che, finito il momento, le questioni poste non vengono coltivate. Oggi quel filone di contestazione viene ripreso solo per rincarare la dose con l’attacco rivolto al IV Decreto Pnrr (DL n. 19/2024). In questo caso tutto ruota intorno a 1,2 miliardi di Euro spostati dal Piano Nazionale Complementare (Pnc) al fondo istituito con l’art. 20 L. 67/88 (che autorizza “l'esecuzione di un programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico e di realizzazione di residenze per anziani e soggetti non autosufficienti”). A dire del governo l’operazione non sottrarrebbe risorse, in quanto la modifica della programmazione lascerebbe invariati i saldi. Secondo le opposizioni, la diversa qualificazione della spesa, tra conto capitale e corrente, porterebbe i progetti, che trovano copertura nella spesa in conto capitale, a perdere in termini di riporto contabile, indebolendo il proprio potenziale di realizzazione. Insomma ci sono sempre almeno due versioni dei fatti e mai una verità. Onestà intellettuale vorrebbe che a prescindere da che ruolo tu abbia in partita le regole del gioco siano le stesse. Invece così non è. La salute è un diritto costituzionale. La sua tutela è un dovere per lo Stato. Il punto di rottura tra diritto e dovere non è nel quantum, ma nel quomodo. Se il Ssn ritrovasse la sua unitarietà, si recuperasse un livello adeguato di efficienza a livello regionale e si introducessero strumenti di perequazione nazionale dei livelli delle prestazioni, adeguando gli standard al mutato profilo del paese e non, viceversa, adattando le diverse aree del paese agli standard, si otterrebbe sicuramente una significativa riduzione di sprechi e dispersioni. Ma non è con i “se” che si risana il mondo. Servono atti concreti. In realtà è indubbio il buon lavoro fatto dal Governo per non cedere all’assalto alla diligenza tipico della sessione di bilancio in Parlamento, difendendo strenuamente il fondo sanitario, che è stato portato in aumento, nonostante le ristrettezze finanziarie, e mantenendo fede agli impegni sugli obiettivi di investimento per la riduzione delle liste di attesa, per sostenere i nuovi Livelli Essenziali delle Prestazioni e per promuovere la sanità territoriale e la medicina di base. Così come è indiscutibile che la sanità dovrebbe avere un peso maggiore nella politica nazionale e che le Regioni dovrebbero cambiare passo. Ma non basta urlare contro le scelte del governo di turno, sostenendo che l’aumento avrebbe dovuto e potuto essere di gran lunga maggiore; bisognerebbe darsi pena di spiegare da dove prendere le risorse, se da nuovo deficit o da tagli ad altre spese, precisando in questo caso quali. È bene ricordare che la sanità è la seconda voce di spesa pubblica primaria dopo le pensioni. E non da oggi. Come spesso accade, anche in questo caso, i polveroni si sollevano per nascondere i problemi e non per risolverli. Sulla rimodulazione di Pnrr e Pnc e, in particolare, sul comma 13 dell’articolo. 1 del DL 19/2024, la conferenza stato-regioni minaccia un ricorso alla Corte, nel caso in cui quel miliardo e duecentomila non tornasse nell’alveo del Piano di Ripresa. Nulla dicono le Regioni sullo stato di avanzamento della spesa e sulle prospettive di realizzazione delle opere nei tempi e alle condizioni poste dal PNRR. Lo spostamento deciso dal Governo ha, infatti, riguardato tutti i progetti a rischio di inammissibilità per ritardo sul cronoprogramma del Pnrr. Non è stata una scelta discrezionale. Prova ne è che la Provincia autonoma di Bolzano e la Regione Campania, che hanno rispettato tutte le tappe del programma “Verso un ospedale sicuro”, non sono state toccate. A conti fatti la salute in Italia non viene presa in carico in maniera corretta perché nessuno ha il coraggio di riconoscere che la gestione regionalizzata non funziona e che l’unica cura possibile sarebbe riportare a livello centrale regolamentazione e direzione dei servizi e potenziare in periferia la rete territoriale e la medicina di prossimità. Al momento, almeno noi campani, possiamo accontentarci di aver salvato le risorse del Pnrr, unica regione in Italia esclusa dallo spostamento di risorse, e augurarci che questo ci porti, come dice il nome del programma, “Verso un ospedale sicuro”. Alla tutela della salute ci penseremo poi.