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La scalata di Bassolino che spaventa il Pd

Opinionista: 

Grazie alla candidatura di Antonio Bassolino per la prima volta da sei anni a questa parte sono d'accordo con Marco Sarracino: la sua candidatura indebolisce il Pd. Concordanza che finisce qui. È vero, Antonio Bassolino indebolisce quell'idea di coalizione unica che aleggia da tempo, come se la somma di tanti generasse automaticamente un totale di vittoria. Tautologicamente mi sovviene che qualsiasi altro candidato di per sé – solo per la sua esistenza – toglie voti ad un ipotetico candidato unico. Bella scoperta. Amaro risveglio per chi ha usato le primarie quando gli facevano comodo per emergere e che oggi le rinnega perchè "non funzionano". Triste realtà per chi è passato dalla segreteria GD a quella PD senza concorrenti, per cooptazione definita "plebiscito" o "scelta unitaria" (ma di chi?, dove?, quando?) per poi riempirsi la bocca di frasi tipo "ascoltiamo i territori", cosa che poi non accade mai. Nemmeno rispolverando le "conferenze programmatiche" declinate a piccolo palco in un prato per parlare tra componenti che rappresentano ormai poco più di un condominio. Basta leggere i risultati delle regionali: c'è chi gongola di un 70% di De Luca ottenuto mettendo insieme qualsiasi cosa, e non vede un Pd sceso da 9 a 4 consiglieri. Ognuno si sceglie la matematica che gli fa comodo evidentemente. Da un lato c'è chi non vuole né primarie né confronti, semplicemente vuole mettere dentro qualsiasi cosa per arrivare al ballottaggio senza alternative. Un modo per nascondere il vuoto politico dietro "la massa di simboli" per rivendicare la vittoria come propria, o per scaricare sugli altri le responsabilità di un fallimento. Del resto – questo il ragionamento – meno del 20% non si può fare, e qualsiasi cosa arriva in più ce la intestiamo. Un Pd – diciamocela tutta – incapace ormai di riempire un cortile figuriamoci una piazza, che insegue un'alleanza vuota con un M5S ormai decotto sperando di mettere le proprie bandiere su ciò che resta dei loro gazebo. Questo il piano immaginato a Roma – mai così distante dalle città e dai territori – che una classe dirigente prona, priva di rappresentatività segue pedissequa, nella speranza della ricompensa di un collegio sicuro, per qualcuno unica residua chance occupazionale. Ed ecco che dai tempi delle preferenze vere, delle campagne elettorali combattute, della vittoria conquistata voto per voto e casa per casa, senza avere nulla da dimostrare e avendo 19 volte dimostrato la propria correttezza amministrativa, ritorna qualcuno che non ha favori da chiedere né posizioni da difendere e nulla da perdere. La sfida che lancia Bassolino è un compromesso al rialzo, che smaschera i fin troppi compromessi al ribasso che abbiamo dovuto (ma poi perchè?) digerire in questi anni. Esiste qualcuno migliore di lui da contrapporgli? Qual è l'idea, la storia, la capacità amministrativa, la capacità di mediazione e di sintesi politica che gli si contrappone? Perché la questione è semplice: lui è in campo, sta agli altri contro-proporre qualcuno di migliore su cui – eventualmente – convergere. Perché, e questa strana cosa si chiama democrazia, non si capisce perché Bassolino doveva prima e dovrebbe adesso fare un passo indietro a priori, se non c'è nessuna proposta migliore o pari alla sua. Ecco un partito serio, davvero democratico, che si auto-proclama classe dirigente, avrebbe semplicemente colto in questa "scalata elettorale" il senso della sfida al rialzo, qualitativo, per il bene della città: una sfida di proposte concrete e personalità autorevoli e capaci, che finalmente mandino a casa i parvenu della politica. E per questo, a prescindere, dovremmo tutti dire ancora grazie ad Antonio Bassolino, osannato da tutti, abbandonato da moltissimi, e tornato a regalarci un'ultima occasione di dignità e di politica.