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Lacrime di coccodrillo sulla fuga dei laureati

Opinionista: 

Puntuale ogni anno, come il solstizio d’estate, giunge uno dei tanti rapporti su Campania e Sud. Questa volta a “intossicarci” è il rapporto di Bankitalia, anche se è fatto a fin di bene. Come già avvenne , nel luglio del 2017, con l’altrettanta infausta analisi della Svimez, che calcolava in 200 mila le fughe dei laureati per trovare lavoro altrove, qualche giorno fa Bankitalia ha fatto sapere che, nell’arco di 10 anni, sono andati via 54 mila super- laureati, per lo più ingegneri e matematici, specializzati in tecnologia. Puntuali, in simili circostanze, le doglianze dei politici, viziate naturalmente dalla solita musica; invece di indicare correttivi, suggerire i percorsi più rapidi per uscire da una crisi endemica e di fare coraggiose autocritiche, dilagano invece in una sconfortante narrazione, non altro, secondo il lessico burocratico ortodosso, che una consueta “presa d’atto”. Per capirci meglio: il rapporto entra da un orecchio e esce dall’altro . Ormai il bombardamento ininterrotto di queste ricerche si annulla nella conseguente ipocrisia dei palazzi. Così si certifica un fallimento, non si fa nulla per fronteggiarlo. Per cominciare a fare almeno qualcosa di concreto, “la presa d’atto” va accompagnata- ci scusiamo per il bisticcio di parole mai cosi pertinenti- da un “atto di responsabilità” che passi dai verbi declinati al futuro: faremo, ci attiveremo, a quelli più fattivi, declinati al presente: facciano, predisponiamo subito misure adatte a fronteggiare crisi e occupazione. Arriveremo a sconfiggere questa maledetta inerzia? Sono anni che si elaborano piani su Napoli, ormai snaturato nel suo tradizionale aspetto da una conurbazione sciagurata- che va dai Campi Flegrei, potremmo dire da Castelvolturno, fino a Castellammare – e su come favorire un ordinato riassetto territoriale. È stata anche varata a riguardo “Napoli Città Metropolitana” con tanto di sindaco, vicesindaco, consiglio e rispettivi emolumenti, ma sconcerta che manchino ancora un piano strategico metropolitano e sia in gestazione quello paesistico, per poter seriamente dire che c’è ancora speranza che decolli un grande epocale progetto con tutte le sue sacrosante aspettative occupazionali. Ci si rende conto se tutto questo, o parte di esso, fosse stato favorito da una efficace sinergia istituzionale, all’altezza delle sfide e di finanziamenti miliardari, quanti posti si sarebbero potuti creare? Purtroppo al danno si unisce oggi anche la beffa, nel vedere impancarsi a suggeritori di una urgente svolta molti di coloro che, negli ultimi trent’anni, sono stati al vertice delle nostre istituzioni, senza aver prodotto nulla. Siamo stanchi di assistere a cicliche lacrime da coccodrillo. La tragedia è che se ne va la potenziale “nuova classe dirigente”, mentre resta e continua a far danni, per dirlo con La Capria, la vecchia “classe digerente”, su cui è pietoso tacere. Intanto il “Patto per il lavoro”, appena varato dai governatori del Sud, promette grandi cose almeno nelle parole del suo maggiore ispiratore De Luca. A questo punto, visti i precedenti dai tempi di Prodi, che dire? Se son rose fioriranno…