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L’incerto revisionismo sul caso Craxi

Opinionista: 

L’Italia resta un Paese stereofonico. È bastato riaccendere qualche fascio di luce sull’esilio di Craxi per riaprire, a distanza di vent’anni dalla scomparsa, quel dibattito malmostoso fatto di accuse, assoluzioni, sospetti, ripicche, contrapposizioni che ha caratterizzato la fine del Novecento. Un film, quattro libri, centinaia di editoriali che sembrano solo simulare un certo revisionismo critico, ribadendo i temi della parabola politica del leader socialista. Un nervo scoperto della Repubblica perché Craxi, anche dopo due decenni, resta una figura ingombrante, sicuramente divisiva. Lo confermano le presenze variegate ed articolate che si sono trasferite ad Hammamet in quest’ultimo week-end. Nessun presidente del Consiglio, alcun rappresentante del Governo, pochi parlamentari, molti ex socialisti a caccia di una qualsiasi riabilitazione politica. Una strana coreografia che si muoveva, domenica scorsa, in un piccolo cimitero cristiano, perimetrato da mura basse, calcinate e bianche, a pochi metri dal mare, con quella semplice tomba orientata verso l’Italia. Oggi, con il giudizio della memoria, sono in molti ancora alla ricerca di una verità, divisi tra l’indiscussa qualità politica del personaggio e le distorsioni del finanziamento illecito ai partiti. Ma le inchieste di Tangentopoli non sono state il motivo della rovinosa caduta della Prima Repubblica. Sono state il mezzo attraverso il quale un sistema politico già debole, fragile, corrotto ha trovato il suo capolinea. Una transizione ancora incompiuta che ha lasciato spazio oggi a forze politiche necessariamente un po’ improvvisate, culturalmente gracili, prive di un autentico retroterra, di solidi indirizzi strategici, di radici concrete. Ecco perché, di fronte alla difficoltà di una qualsiasi governabilità, la risposta della maggioranza resta fatalmente legata ad una sartoria istituzionale costantemente aperta, che nega oggi il bipolarismo, il tripolarismo, le logiche maggioritarie di questi anni per rifugiarsi nuovamente in quel sistema proporzionale in cui le leadership possono essere salvaguardate, rigenerando la propria presenza. Il fatto che si apra una nuova stagione, nella quale tutti marceranno contro tutti, resta un itinerario ormai incapace di orientare serie pulsioni collettive.