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L’incudine e il martello che devono farci correre

Opinionista: 

Altro che Recovery. Viva la Bce, diamine. Con moderazione, però. Nella lunga resa dei conti iniziata tra mercati e banche centrali, l’istituto guidato da Christine Lagarde - e prima da Mario Draghi - due giorni fa ha fatto segnare senza dubbio un punto a favore dell’Italia molto importante. Se possiamo ancora permetterci il lusso di discutere di Recovery Plan, indennizzi alle aziende, Cassa integrazione, riforme, rilancio dell’economia e di come mettere a terra un piano di vaccinazioni decente, se cioè possiamo ancora sperare di uscire dalla recessione pandemica senza avere i piedi avanti, è perché la Bce continua a comprare tempo per noi. E almeno per ora seguiterà a farlo, nonostante le divisioni al suo interno. Per comprendere di cosa stiamo parlando dobbiamo mettere a fuoco questo dato: il Recovery Fund vale circa 200 miliardi in 6 anni; solo nel 2020, invece, dalla Bce sono arrivati circa 170 miliardi e quest’anno ne arriveranno altri 150. Si tratta di finanziamenti per noi decisivi, erogati sotto forma di acquisti di titoli di Stato. Soldi che ci consentono, assieme all’autorevolezza internazionale di Draghi, di tenere i tassi a livelli accettabili, in modo da non dissanguarci nel pagamento degli interessi. È questo che tiene ancora in piedi una Nazione indebitata fino al collo come la nostra. Chiaro? Siamo dipendenti dalla Bce come un malato in terapia intensiva dal suo ventilatore polmonare. Tuttavia, questa situazione non durerà all’infinito. Anche perché le politiche monetarie eccezionalmente lasche in atto da dopo la crisi del 2011, sono sì adottate per evitare guai peggiori, ma più durano e più accumulano instabilità e incertezza. Oggi tutti i governi sono giustamente d’accordo nel finanziare forti espansioni fiscali con politiche monetarie accomodanti. È necessario per due ragioni: evitare che la pandemia sanitaria diventi sociale e finanziare la ripresa economica senza la quale sarà il disastro. Tutto giusto. Ma nel frattempo questa politica ha già provocato nel mondo l’accumulo di una mostruosa quantità di debito, emesso negli anni grazie ai tassi zero o negativi artificialmente garantiti dalle banche centrali. Ora, proprio a causa di questa colossale quantità di debito, basta che alcuni creditori decidano di disfarsene per scatenare un aumento rapido dei rendimenti, col rischio di uccidere la ripresa nella culla e far crollare le quotazioni sui mercati finanziari, a loro volta artificialmente gonfiate da questa massa di liquidità a buon mercato che gli istituti centrali - ormai i veri padroni dell’economia - continuano a iniettare. La domanda che chi possiede debito si sta facendo in modo sempre più pressante è semplice: se la ripresa sta arrivando e se ci sarà quindi un boom di domanda di consumi e credito, la “modica quantità” d’inflazione che le banche centrali dicono di essere pronte a sopportare sarà davvero modica? E se sfuggisse di mano? È quello che si è verificato negli ultimi giorni, quando abbiamo assistito a violenti rialzi dei rendimenti obbligazionari: il rendimento dei nostri Btp a 10 anni è raddoppiato in 13 giorni. La crisi, appena accennata, è stata messa a tacere prima dell’approvazione di una spaventosa manovra di stimolo fiscale da 1.900 miliardi di dollari negli Usa, poi dalla promessa della Bce di aumentare i suoi acquisti già dal prossimo trimestre. Per ora pare che la manovra sia riuscita. Pare. Ma che accadrebbe se l’inflazione comparisse sul serio? Gli investitori venderebbero debito, rischiando di provocare una valanga. È un po’ come stare tra l’incudine e il martello. Un fragile equilibrio in cui la droga monetaria è al tempo stesso il male e la cura. Ecco perché bisogna fare presto. Quando diciamo che si deve correre su Recovery, riforme e vaccinazioni intendiamo questo: mettere in sicurezza la Nazione subito. Finché abbiamo tempo per farlo.