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L’Italia deve ripartire ma giù le mani dal Sud

Opinionista: 

Nessuno tocchi la riserva del 34% della spesa pubblica in conto capitale destinata al Sud. Nessuno si azzardi a sottrarre risorse al Mezzogiorno. Su questi punti la bozza del documento “L’Italia e la risposta al Covd-19”, predisposta dal Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri, deve essere rivista. La solidarietà non c’entra nulla, quella è fuori discussione. La tragedia del Coronavirus si è declinata in proporzioni notevolmente maggiori in Lombardia, e in parte anche in Emilia Romagna, in Piemonte, nel Veneto. I meridionali non possono che essere rattristati dall’ecatombe che si è verificata al Nord. Ma questo non c’entra niente con l’economia. Perché chi pagherà di più il conto del virus sarà come al solito il Sud. Il fermo delle attività produttive per il Mezzogiorno significa piovere sul bagnato. È nel Sud che la recessione era già cominciata da tempo, prima della nuova apocalisse. È nel Sud che la stessa struttura sociale è molto più fragile. A cominciare dai servizi sanitari che, pur se non mancano le eccellenze, sono molto meno attrezzati rispetto alle aree forti del Paese. Non ha senso, insomma, pensare di rilanciare l’economia del Nord togliendo risorse a chi sta peggio. C’è chi disdegna la disponibilità di prestiti europei per oltre 30 miliardi di euro, erogati da un Mef riformato che non impone più condizioni, e poi prova a recuperare parte dell’importo carpendoli alle solite vittime designate. È ora di finirla con questi giochetti. Massimo rispetto per tutti gli italiani che, in qualsiasi regione, siano stati colpiti dalla crisi sanitaria. Grande disponibilità a ogni forma di sostegno materiale e non finanziario, come è stato fatto per i posti di terapia intensiva offerti alle Regioni che avevano saturato la propria offerta nei periodi di punta della pandemia. Come hanno dimostrato i tanti giovani meridionali che si sono recati al Nord per dare una mano concreta alle strutture ospedaliere in affanno. Ma i soldi no, quelli al Sud andranno se mai restituiti e non tolti. In uno Stato che si chiami tale, la capacità fiscale serve anche al riequilibrio socio-territoriale. In Italia, in questi ultimi decenni, questo principio sacrosanto è stato messo sotto i piedi. L’Italia può e deve ripartire. Ma per farlo ha bisogno che si pensi e si creda a Napoli, Bari o Palermo come a dei futuri centri produttivi, in grado di affiancare Milano, Bologna o Torino. Solo così si ridurrà il debito pubblico e il Paese tornerà a essere competitivo su scala internazionale.