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Ma Letta non s’illuda di essere Berlinguer

Opinionista: 

Sembra quasi che Enrico Letta voglia raccogliere l'appello che, nel lontano 1998, nel film “Aprile”, Nanni Moretti rivolse a Massimo D’Alema: “Dì qualcosa di sinistra”. In effetti, da quando ha assunto la carica di segretario del Pd, Letta ha davanti a sé un problema fondamentale: dare al partito un'identità che, con il suo predecessore, Zingaretti, il partitoe sembra aver smarrito. Un'esigenza che si salda con quella di riqualificarlo a sinistra; una sinistra dalla quale il Pd si è di fatto allontanato come dimostra la diaspora di gruppi e gruppuscoli che, appunto, non riconoscono più in esso connotati di sinistra. Del resto, si tratta di una diaspora che non riguarda più soltanto la classe dirigente, ma la stessa base che dal Pd si è andata progressivamente allontanando. Non a caso, dunque, proprio all'interno di dire "qualcosa di sinistra" si collegano le mosse più recenti del leader del Pd che hanno creato una non indifferente tensione con Mario Draghi. Il dissenso tra i due è emerso palesemente con la proposta di Letta di aumentare la tassa di successione per i patrimoni superiori ai cinque milioni di euro. La risposta di Draghi è stata gelida: "In questo momento - ha detto - non dobbiamo prendere dagli italiani, ma dobbiamo dare". Ma Letta è tornato alla carica sollecitando una proroga quanto più possibile ampia del blocco dei licenziamenti. Anche qui, sempre nella prospettiva di qualificarsi come una forza di sinistra, il leader dei democratici si è trovato in sintonia con la Cgil, ma non con Palazzo Chigi. La divaricazione si prospetta ancor più ampia se si pensa che, al più presto, in ottemperanza alle richieste dell'Unione europea, l'Italia dovrà porre mano ad un vasto progetto di riforme per le quali il Pd ha apertamente dichiarato di essere pronto a dar battaglia. I propositi di Letta sono evidenti e in qualche misura apprezzabili. Ma il segretario del Pd deve rendersi conto che, per riuscire davvero a dare al suo partito quell'identità che gli manca dovrebbe avere - e non lo ha - il fascino e il carisma di Enrico Berlinguer. Rischia, invece, di determinare un duplice conflitto: con Draghi - ed è certamente il più grave - mettendo a repentaglio l'esistenza stessa del governo e con i cinquestelle con i quali, pure, intende mantenere un'alleanza sempre più stretta, In questo duplice impegno di Letta - spostare a sinistra l'asse del partito e non rompere l'alleanza con i pentastellati considerati indispensabili per battere il centrodestra - c'è una forte contraddizione. Nonostante le iniziative del suo vertice (ma prima di Letta è stato Zingaretti a perseguire l'intesa con i grillini) la base elettorale del Pd non sembra gradire questa compagnia che, in effetti, contrasta con la volontà di dare un'immagine più marcatamente di sinistra del partito. Il tentativo di Letta non sembra, pertanto, dare risultati positivi. Stando ai sondaggi, infatti, il Pd non solo non guadagna consensi, ma ne perde, al punto di essere scavalcato da Fratelli d'Italia. Sarebbe questo uno smacco davvero clamoroso e, anche se è presto parlare di fallimento, non si può non constatare che la segreteria di Letta non è cominciata sotto gli auspici migliori.