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Ma non basta l’Emilia per fermare Salvini

Opinionista: 

È opportuno tornare sui risultati delle elezioni regionali svoltesi domenica scorsa perché costituiscono un'importante chiave di lettura per orientarsi nelle previsioni di quel che potrà accadere nella politica italiana nelle settimane e nei mesi a venire. I risultati del voto inducono a prendere in esame una duplice prospettiva. La vittoria del centrosinistra in Emilia Romagna potrebbe indurre a ritenere che sono nel giusto quanti sostengono che sia opportuno andare avanti con il governo in carica nella speranza che il tempo che, specie in una fase di mobilità, a differenza di quanto accadeva in passato, porta l’elettorato a modificare con frequenza le proprie scelte, possa determinare nuovi equilibri e la gente possa rendersi conto di commettere un errore credendo di aver trovato nel leader della Lega l'uomo in grado di risolvere tutti i suoi problemi. È, tuttavia, un errore pensare che la vittoria ottenuta in Emilia Romagna costituisca l'avvio di un irreversibile regresso del salvinismo. Non è così. Basti aver riguardo, per rendersene conto, all'eclatante successo riportato dal centrodestra in Calabria; un successo che potrebbe dar ragione a quanti continuano a vedere in Salvini “l’uomo della Provvidenza” sostenendo che la maggioranza che ci governa non ha più riscontro nel paese. Non vorremmo apparire pessimisti ad ogni costo ma, al di là del trionfalismo di questi giorni, prudenza e saggezza impongono di considerare tuttora incombente, a scadenza più o meno ravvicinata, l'ipotesi di un prossimo governo guidato dal "boss" del Carroccio. Come affrancarsi da una simile eventualità alla quale una parte degli italiani guardano con malcelata preoccupazione? Ci viene da prospettare, al riguardo, una soluzione apparentemente paradossale. Quando Silvio Berlusconi decise di darsi alla politica, Indro Montanelli che avversava decisamente tale decisione, intervistato da Enzo Biagi, affermò che, per liberarsi del Cavaliere, sarebbe stata opportuna la sua vittoria elettorale. Un'affermazione apparentemente sconcertante. Ma il Maestro spiegò: “Io voglio che vinca. Faccio voti e faccio fioretti alla Madonna perché lui vinca, in modo che gli italiani vedano chi è questo signore. Berlusconi è una malattia che si cura soltanto con il vaccino, con una bella iniezione di Berlusconi a Palazzo Chigi. (...) Soltanto dopo saremo immuni; l'immunità che si ottiene con il vaccino". Il vaccino, in verità, non funzionò poiché Berlusconi è rimasto al potere per un ventennio. Ma con Salvini le cose potrebbero andare diversamente. C’è, come abbiamo detto, una maggioranza decisamente ampia di cittadini (quello dell'Emilia Romagna può essere un caso non facilmente ripetibile poiché non tutte le regioni hanno analoga maturità e consolidate tradizioni) continua a individuare in Salvini "l'uomo della Provvidenza" e ci sembra probabile che, prima o poi, piaccia o non piaccia, l'ex ministro degli Interni possa arrivare a guidare il governo del nostro paese. Se è questo che gli italiani vogliono meglio, allora, non indugiare ulteriormente continuando a mantenere uno stato d’incertezza che non giova a nessuno e far toccare loro con mano, anche se vorremmo che questa “prova” ci fosse risparmiata, quel che il signor Salvini realmente è. Un'ultima osservazione ci sembra meriti d'essere fatta in margine al voto di domenica scorsa. In Emilia Romagna ha votato il 67,67% dell'elettorato; in Calabria soltanto il 44,32%. Inoltre, quando in Emilia Romagna tutte le schede erano state scrutinate, in Calabria lo spoglio era ancora alla metà. Sono anche questi aspetti, non secondari, della cosiddetta "questione meridionale".