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Movida e guardie civiche Governo da “La sai l’ultima”

Opinionista: 

Comunque vada, sarà un “insuccesso”. Non si placa la polemica sul ventilato impiego di 60mila volontari, da destinare come vigilanti, …neo “dissuasori stradali” di ingorghi e assembramenti sui luoghi della movida. Un’idea balzana partorita dalla fantasia del ministro Boccia, che, secondo la infallibile locuzione latina, “nomen omen”, cioè di “portare nel nome un destino”, non poteva non essere bocciata. Dall’Italia alla moviola alla movida, questo Governo non ne azzecca una. Ora soffermarsi però sulla improponibilità di tale soluzione, sostenuta da ragioni oggettive di varia natura, tra le quali, la maggiore - il rischio serio che si potesse o si possa irresponsabilmente trasferire a costoro poteri riservati a forze dell’ordine- non spiega ed esaurisce le cause a monte di un costante dilettantismo allo sbaraglio. Tante, gravi e destabilizzanti, e sempre più ricorrenti ai vari livelli istituzionali, dai tempi dei brindisi scamiciati grillini sul balcone di Palazzo Chigi alle “balconate televisive” del suo attuale inquilino. Una volta la competizione, in seno alla compagine di governo, si svolgeva su temi e progettualità strategiche, su cui i partiti si misuravano, si consultavano e si regolavano in base a una cultura di appartenenza, elaborata in anni di esperienza politica attraverso molteplici cimenti in maggioranza o all’opposizione. Tutt’altra cosa rispetto al vuoto e alle inconcludenze di oggi nel fare apparire ad ogni costo all’esterno una operatività inesistente, da spingere i grillini a osare anche l’impossibile, che so: piantare bandierine sui divieti di sosta e le strisce pedonali pur di dimostrare che contino. Allora le ragioni di frequenti crisi, per chi conosce la storia del nostro Paese, e non se la lasci raccontare “maccheronicamente” dai tossici dossier di certe lontane, torbide procure e dei loro fedelissimi cagnolini, su cui la “bomba Palamara” sta facendo emergere nuova e sconcertante luce sulla loro oggettiva volontà di fare giustizia, non furono perdite di tempo ma dettate dalla difesa di principi fondamentali frutto di convincimenti meditati. Ora lo sconforto maggiore è che non solo questo patrimonio manchi in molte formazioni, movimenti - o altro che siano - e dove c’è ancora, non conti più nulla per opportunismo, per tenere in piedi innaturali alleanze. Era invitabile che un tale modo di pensare avrebbe portato a un decadimento generale , alla caduta di una pratica politica, educata alla moderazione, al dialogo, finanche alla sopportazione di bizzarie istituzionali mai viste. Tutte alimentate dalla voglia di stare nel ventre del potere anche quando la dignità spinge a dover fare il contrario, cioè andarsene. In un mondo politico, nei nostri giorni, al potere, dove è stato bandito ogni riferimento corretto e indispensabile con il passato e si governa per non andare al voto anticipato, che sarebbe una catastrofe per i grillini e compagnia cantante, si senta tanto la mancanza di quella lontana costruttiva competizione, oggi divenuta un permanente show, una spettacolare parodia da “La sai l’ultima”. Insomma la competizione si è ridotta a un gara tra “chi la spara più grossa”. Preoccupa molto che sulla scia di questa cultura spettacolare dei “neo dissuasori stradali” della movida si sia avventurato anche il ministro Boccia, il cui curriculum personale di economista, zeppo di riconoscimenti italiani e internazionali, farebbe impallidire quello del premier Conte, il “master dei master”, che, in ogni trasferta, si arricchiva sempre di nuovi lusinghieri titoli. In questa circostanza, per Boccia è sempre più vero il proverbio: “Chi va con lo zoppo, impara a zoppicare”.