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A Napoli ovest niente di nuovo

Opinionista: 

Uso lo stesso titolo del famoso film del 1930 di Lewis Milestone sulla prima guerra mondiale per denunciare che certi comportamenti sull’area ovest di Napoli non cambiano mai. Da vent’anni. Governo, Regione e Comune dovrebbero impegnarsi sulla realizzazione delle precondizioni per la trasformazione urbana di Bagnoli (rimozione della colmata e contemporaneo disinquinamento degli arenili e dei fondali marini); completamento della bonifica dei suoli, già iniziata nel 1996 e mai completata; demolizione dei restanti capannoni dismessi, dei pontili e dei siti di archeologia industriale (privi di qualsiasi valore); acquisizione dei suoli delle Ferrovie dello Stato e della Cementir e loro bonifica; ripristino della funivia Posillipo-viale Kennedy; trasferimento al demanio comunale dell’isolotto di Nisida da trasformare in un grande attrattore turistico di livello mondiale; gestione della Porta del Parco, della Clinica delle tartarughe e del Parco dello Sport, prima che il loro degrado diventi irreversibile; re-industrializzazione hi-tech eco-compatibile, la sola in grado di garantire occupazione e di produrre ricchezza. Anzichè fare tutto questo anche per riacquistare la perdura credibilità l’agenzia nazionale Invitalia, l’ente attuatore previsto assieme al commissario di governo e alla così detta “cabina di regia” , ha deciso di bonificare l’arenile nord di Bagnoli attraverso “il ripascimento della spiaggia e una nuova difesa degli spondali” e di riaprirlo alla fruizione dei napoletani (in particolare alle donne e ai bambini che, secondo una vecchia tradizione marinara, vanno salvati per primi). Questa decisione non è solamente una sesquipedale sciocchezza ma è anche, direi soprattutto, un reato penale per il fatto che metterebbe in pericolo la salute pubblica. Perché è inevitabile che la gente che andasse all’arenile nord a prendere il sole non resisterebbe alla tentazione di tuffarsi nelle azzurre e invitanti acque di Coroglio. I cui fondali marini sono avvelenati da piombo, cadmio, arsenico, amianto, rame. zinco e dagli Ipa (idrocarburi policiclici aromatici altamente cancerogeni). È noto che la balneazione è la causa del preoccupante aumento delle malattie tumorali a Bagnoli di cui si occupò anni fa il Procuratore di Torino Raffaele Guariniello che accertò la morte di 358 bagnolesi. Ed è altrettanto noto che l’Istituto Superiore di Sanità “ha vietato la frequentazione della colmata di Bagnoli perché altamente tossica”. Ma affollata ogni giorno da centinaia di ragazzi in cerca di svago. Nella indifferenza delle istituzioni sanitarie. Dell’errore di aprire gli arenili alla frequentazione si accorse nel luglio 2005 il sindaco Rosa Russo Iervolino che decretò immediatamente il divieto di balneazione. Ma si guardò bene dall’attuare la legge n° 582/96. Anche il meno informato della vicenda di Bagnoli sa dal 18 novembre 1996, giorno di emanazione della legge n° 582 (quella che prescrive “l’immediato ripristino della morfologia naturale della costa di Coroglio” e viene la pelle d’oca nel leggere “immediato ripristino” dopo vent’anni di polemiche su questa legge tuttora inapplicata), sa che la rimozione della colmata e la bonifica degli arenili sono strettamente correlate con il disinquinamento dei fondali marini. Detto più chiaramente, vanno fatte contemporaneamente. Tant’ è vero che furono espletate due gare per la bonifica dei fondali marini di Coroglio (la prima il 2 dicembre 2009 e la seconda il 10 maggio 2012, che prevedevano la rimozione della colmata in una seconda fase) e che furono annullate quando il ministro delle Infrastrutture e dello Sviluppo economico Corrado Passera si convinse della demenzialità di curare gli effetti senza eliminare contemporaneamente la causa. E revocò i 61.969.089,05 euro stanziati. Assodato, al di là di ogni ragionevole dubbio, che si tratta di un errore e di un reato penale, compete al sindaco Luigi de Magistris fermare questa avventata decisione e sollecitare il governo e la Regione Campania a rimuovere la colmata, bonificare gli arenili e disinquinare i fondali marini. Sarebbe ora. Dopo vent’anni di attesa.