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Ordine giudiziario nel caos, Mattarella continua a tacere

Opinionista: 

Il Capo dello Stato in determinati momenti ha l'obbligo, soprattutto morale, di parlare alla Nazione. Ai cittadini, allorquando le circostanze sono complesse, delicate e quando destano profonda preoccupazione. Il monito del Presidente della Repubblica può aiutare a superare momenti bui, opachi e di estrema tensione. Ritengo che quello che stiamo faticosamente attraversando, e per una sommatoria di ragioni, sia uno di quelli. Certo, grazie a Dio, non scoppiano più bombe. Le mafie hanno subito, grazie soprattutto alle nostre forze dell'ordine, pesantissime sconfitte, ma l'emergenza giustizia è clamorosamente scoppiata. Una vera bomba atomica. Le cui radiazioni avranno effetti devastanti. Il Csm è avvolto da una fitta nebbia, circondato da corvi e gufi. Immerso in scontri e polemiche quotidiane. Un clima di caccia alle streghe. L'ordine giudiziario è in pieno caos. Precedenti di tal genere non se ne ricordano. Eppure, Sergio Mattarella, il Capo dello Stato e del Csm non dice una parola. Resta muto come un pesce. Fa spallucce. Gira il capo lentamente in tutte le direzioni, meno verso quella aggredita da una metastasi mostruosa. Un cancro gigantesco. E tutto questo mentre gli italiani stanno per recidere l'ultimo residuo filo di fiducia nei confronti della Magistratura. Un tempo baluardo di serietà, professionalità e competenza. Un faro di civiltà. Quel che quotidianamente leggiamo non può lasciare indifferente la pubblica opinione. I bombardamenti televisivi sul tema stanno producendo nevrosi private e collettive. Già dopo il libro denuncia di Sallusti e Palamara, un Parlamento degno di questo nome avrebbe dovuto reagire e rispondere insediando nell'immediatezza una Commissione di inchiesta. Ma, come è noto, con una politica in esilio, e con le Camere terrorizzate dal partito di alcune Procure i nostri eletti sembrano non aver più contezza del proprio ruolo. Una infinita tristezza. Una pessima fotografia. Anche il nuovo ministro della Giustizia, sul quale in tanti riponiamo ancora un margine di speranza, sembra voler affrontare con timidezza e pannicelli caldi la valanga che ha pesantemente colpito il suo comparto. Avrebbe potuto, come si fa in questi casi, avviare una puntuale azione ispettiva. Ma non l'ha fatto. Ha preferito che a muoversi fosse il Procuratore Generale della Cassazione. Ma, quello di Cesare Salvi, era un atto dovuto. Il Governo in questi casi non può limitarsi ad osservare sperando che passi presto la buriana. Anche perché penso che questa volta non solo la buriana non passerà presto, ma crollerà l'intero sistema che per anni ha regolato e governato i rapporti all'interno dell'ordine giudiziario. È in corso tra le toghe uno scontro violentissimo. In molti pensano di salvarsi l'anima e di ritrovare una verginità scaricando su altri omissioni e colpe. Sciatterie e responsabilità. Un po' come ai tempi di Mani pulite fecero alcune forze politiche del cosiddetto pentapartito. Ognuno sperava che fosse l'altro a crollare. Molti speravano ed agivano affinché Bettino Craxi potesse essere identificato come il male. L'unico grande colpevole. Quello che doveva pagare per tutti. Certo, Craxi venne massacrato in modo ignobile. Il gigante politico della Prima Repubblica non si arrese mai e lottò come un leone anche dalle terre africane. Ma il sistema crollò nel suo complesso trascinando a valle quasi tutte le forze politiche. Le toghe, in quella circostanza, e come sempre hanno fatto negli anni successivi, praticarono un grande sconto alle sinistre. Che furono graziate, soprattutto dalle toghe milanesi. E chi, tra le stesse, cercò di resistere, fu sostanzialmente emarginato e bollato come eretico. Ma torniamo a noi. Certo, ne son convinto, se al posto di Mattarella oggi vi fosse stato Francesco Cossiga avremmo assistito a ben altra storia. Il Presidente avrebbe fatto sentire la sua voce possente e decisa. Avrebbe affrontato il toro per le corna. Con coraggio e puntualità. Senza svicolare, e soprattutto, senza inseguire la teoria del giustificazionismo: “Resto in silenzio perché vi sono 4 Procure che stanno indagando ed io non voglio interferire". Ma nessuno, caro Presidente Mattarella, Le chiede di interferire. Le Procure facciano, come è giusto che sia, il proprio lavoro. Ci mancherebbe. Ma gli italiani hanno bisogno di capire quel che realmente sta accadendo e di essere tranquillizzati. Il popolo, Signor Presidente della Repubblica, non è un accessorio. Non è tappezzeria. La sovranità popolare non è uno slogan. La Costituzione parla chiaro. Lei la conosce bene. Il primo che la deve rispettare è proprio il Capo dello Stato. Ella, Signor Presidente deve essere una garanzia per la Nazione. Ma il silenzio, soprattutto in questi casi e di questi tempi, non può certo essere apprezzato. Parliamo ovviamente del Suo silenzio. La Nazione ha bisogno di uno scatto di orgoglio. Ha bisogno di credere e ritrovarsi nelle sue Istituzioni, che sono pesantemente in crisi. In tempi di società liquida e di mediocrità diffusa occorrono interventi energici, chiari, decisi e rassicuranti. Altrimenti non ne usciamo. E le slavine diventano permanenti. E di questi non ce lo possiamo certo permettere. Il silenzio è morte. E gli italiani hanno il diritto di vivere.