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Pd e 5S: in Umbria peggio di Napoleone a Waterloo

Opinionista: 

Obiettivamente, quella napoleonica a Waterloo, fu meno dolorosa della disfatta subita dell'alleanza Pd-M5s alle Regionali umbre. Se, infatti, il Pd è arretrato dal 35% delle Regionali scorse al 22,4 di domenica e i 5stelle sono addirittura crollati dal 14,6 delle 2017 al 7,4 di domenica, passando per il 27% delle Politiche 2018, il vero tracollo, però, è quello abbattutosi sul Conte-bis (l'Umbria è stata sempre, fino ad ora, una regione rossa) e sul nascente e – alla luce di questo risultato – già abortito tentativo di trasferire l'esperienza di governo giallorossa anche a livello periferico. Gli elettori lo hanno bocciato sonoramente. Dicendo “sì”, invece, al centrodestra che ha, addirittura, stravinto, surclassando, di oltre il 20%, l'alleanza demogrillina, con la Lega che continua a crescere e Fratelli d'Italia che ha scavalcato il M5s, mentre Berlusconi deve accontentarsi del ruolo di padre storico, fondatore e valore aggiunto dell'alleanza. E ad avvalorare, ulteriormente, questo risultato: la crescita dei votanti, passati dal 55,4 delle regionali del 2015 al 64,7% di domenica. E bisogna riconoscere che, anche a sinistra c'è qualcuno che è riuscito – con la solita furbata – a restare in piedi fra le macerie. Mi riferisco a Renzi che – non partecipando all'appuntamento di Narni e non facendosi immortale nella foto ricordo con Di Maio, Zingaretti e Conte, al termine dell'incontro, ha evitato, a se stesso, di metterci la faccia e, a Iv di farsi contare, schivando, così, la figuraccia. Ed ora cosa succederà? In un Paese, passabilmente serio e democratico, un esecutivo battuto così sonoramente alla prima occasione utile “postparto”, si dimetterebbe, restituendo la parola - meglio la scheda elettorale – ai votanti. Ma in questo momento l'Italia – stretta, com'è nelle mani di personaggi che con la democrazia sembrano avere ben pochi punti in comune – non lo è. Pd e 5s, non governano per investitura popolare, bensì in forza di una manovra di palazzo, dettata dalla paura – giustificata con l'esigenza di evitare lo sblocco delle clausole di salvaguardia e, pertanto, l'aumento dell'Iva - delle urne, di Salvini e di un'ennesima vittoria del centrostra. E, quindi, il timore di essere costretti dal voto degli italiani ad un precipitoso e, notevolmente, anticipato ritorno a casa. Sicch, è difficile pensare che possano adesso pensare di tenerne conto e comportarsi di conseguenza. Non è un caso che Conte si sia subito affrettato a far sapere che “sarebbe un errore interrompere questo esperimento per via di una Regione che ha il 2% della popolazione nazionale”. Evidentemente ha dimenticato di essere a palazzo Chigi, grazie al “si” di appena 60mila grillini (pari allo 0,06% degli italiani) iscritti alla piattaforma Rousseau. Prima del voto, inoltre, si era affrettato a dire "abbiamo ottenuto fiducia dall'Europa e dai mercati e questo ci ha consentito di recuperare risorse grazie alla riduzione dello spread. Se continueremo a proseguire in questo percorso, con la fiducia di Ue e mercati potremo recuperare ulteriori risorse e siamo convinti di poterlo fare". Chissà, se alla chiusura dei seggi si è reso conto che, forse – e non è neanche detto – , ha guadagnato la fiducia dell'Europa, ma ha perso quella degli italiani. Ammesso, ovviamente, che l'abbia mai avuta. Il problema è che, pur stando lì senza il nostro consenso, lorsignori non si faranno scrupoli di continuare a tartassarci impietosamente, facendoci affogare nei marosi di tasse, gabelle, accise, limiti all'utilizzo del contante perchè “ce lo chiede l'Europa”. A questo punto, arrivato il momento che anche Mattarella si renda conto che non basta sommare insieme due perdenti, per farne un vincitore. Non possiamo più permettercelo.