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Quanto c’è di Sud nel nuovo Governo

Opinionista: 

Da alcuni giorni vale il “fermi tutti”. A Palazzo Chigi sono entrati nuovi “attori”: presidente del Consiglio e due vice, 18 ministri e un programma che adesso si chiama Contratto. Lo sguardo a quanto  avviene nella mitica “stanza dei bottoni” (secondo l’originale espressione metaforica coniata da Pietro Nenni nel 1962 all’avvio del primo Centrosinistra) deve rimanere costante e vigile, ma bisogna dare anche un po’ di tempo al tempo. Non mancheranno certamente i passaggi capaci di segnare svolte o arretramenti. Per il momento, perciò, sospensione di ogni giudizio (e vale anche per quegli “attori” - come Paolo Savona e Enzo Moàvero Milanesi - che proprio “nuovi” alle esperienze ministeriali non sono). *** FIGURE ISTITUZIONALI.Quelle di origine e formazione meridionale, non sono mai state tante, contemporaneamente, nel Parlamento italiano. Al Quirinale c’è (succeduto a Giorgio Napolitano nel 2015) Sergio Mattarella, siciliano di Palermo. Nella recente, scombinata crisi per la formazione del Governo post 4 marzo, ha mostrato saldezza di nervi nel far rispettare la Costituzione anche ai più disinvolti arruffoni, specie nei punti in cui il Presidente della Repubblica è notaio e arbitro, ma soprattutto il garante del corretto funzionamento del sistema parlamentare. Il quadro “apicale” si completa con la terza carica dello Stato affidata, dal 24 marzo, al puteolano-vomerese Roberto Fico (gaffe o esibizionismi goliardico-folcloristici il suo braccio in alto con pugno chiuso, il due giugno, alla festa della Repubblica oppure le mani in tasca a un evento mentre si eseguiva l’inno nazionale: che avesse preferito una musica neomelodica napoletana, argomento della sua tesi di laurea?). *** DA DE MITA A CONTE. In comune Ciriaco e Giuseppe hanno il piccolo paese di provenienza: uno Nusco sull’alta Irpinia, l’altro la foggiana Volturara Appula confinante con la Campania. Un presidente del Consiglio meridionale mancava da quasi trent’anni. L’ultimo è stato De Mita, per quindici mesi, dall’88 all’89, dopo aver subìto lo sgarbo di Craxi che prima sottoscrisse l’accordo per la staffetta e poi lo disconobbe. Con un cursus honorum chilometrico, Ciriaco è ora, dal 2014, sindaco del suo paese. Ha sempre sostenuto che i voti (elettorali) non si giudicano, ma si contano. Gli avrà fatto piacere contare quelli usciti dalle urne tre mesi fa? Pensiamo che stia riflettendo proprio sul suo libro, pubblicato nel 2012 con Guida, dal titolo emblematico: “La storia d’Italia non è finita”. *** IL CORAGGIO DELLA PRIMA VOLTA. Avvocato e esperto di Diritto privato, Giuseppe Conte era vissuto fuori dai riflettori come apprezzato professionista e docente di prestigiose università italiane. Deputato da cinque anni, aveva lavorato soprattutto nelle Commissioni di studio. Tutto gli è capitato addosso in maniera convulsa: chiamata al Quirinale per formare il Governo, remissione del mandato, oggetto di ironie su un curriculum e specializzazioni apparsi un po’ gonfiati (impietose e sgradevoli le precisazioni “noi non lo conosciamo” venute da ambienti scientifici Usa, Vienna e Parigi). Devoto, come dice, a padre Pio di Pietrelcina, altrettanto all’improvviso ha visto il cielo rischiararsi su di lui. Nuova chiamata al Colle, incarico e Governo. Non gli mancano euforia ed entusiasmo quando promette di “migliorare la qualità di vita a tutti gli italiani”. *** NON PREMIER MA VICE. Propostosi per tempo alla guida del Governo, Luigi Di Maio non ha fatto tesoro di quello che si dice in Vaticano e cioè che quando un “principe della Chiesa” entra in Conclave da Papa, ne esce immancabilmente Cardinale (evidentemente lo Spirito Santo non ama le autocandidature!). Adesso è numero due, ma a mezzadria con l’alleato-rivale Salvini, accanto a Giuseppe Conte. Accusato di “analfabetismo costituzionale” quando gli è uscito di bocca l’impeachment per Mattarella, l’enfant prodige pomiglianese della politica non si è turbato più di tanto, anzi per niente, e ha tirato dritto verso il Ministero del Lavoro e dello Sviluppo economico dopo aver promesso un problematico, e forse improbabile, reddito di cittadinanza (se tutto va bene, se ne parlerà fra due anni dopo che saranno risistemati i Centri per l’impiego e reperiti i miliardi necessari). A lui, leader e alter ego di Grillo, ora la grana dei 60 pentastellati della Campania: in tanti si autocandidano, sul suo esempio, a un Sottosegretariato o a una Presidenza di Commissione. *** BEN TORNATO MEZZOGIORNO. Come termine di una grande sfida era comparso (e scomparso) in quasi tutti i Governi post-unitari. Per le “diversità” che il Paese presentava, divenne famosa la metafora di Giovanni Giolitti sul sarto che, se “ha da vestire un gobbo” e “non tiene conto delle gobbe”, il suo lavoro “non riesce”. Il “sarto” di queste “gobbe” sarà ora la leccese Barbara Lezzi “pasionaria grillina” che, nel suo collegio, ha “stracciato” nientemeno che Massimo D’Alema? Audacia e intraprendenza non le mancano come quando si presentò in Aula con un apriscatole per “aprire il Parlamento” come una scatola. Tra i suoi primi atti non le mancò, tuttavia, uno scivolone: voleva combattere la parentopoli e venne sorpresa mentre assumeva, come assistente, la figlia del suo compagno (così Mimmo Del Giudice nel libro “Un Paese a 5 stelle”). Adesso nelle sue mani c’è il Ministero del Sud: otto regioni che, per tanti aspetti, rappresentano quasi il quaranta per cento del Paese.